Ognuno di noi è il fondatore di un personale principato, un po' come Romolo di Roma, regno che scaturisce dalla nostra concezione della vita e del mondo. Da queste concezioni edifichiamo statuti e fissiamo strutture, definiamo gerarchie e individuiamo valori nel nostro stare al mondo con gli altri.
Le colonne portanti nel nostro principato poggiano su fondamenta che abbiamo costruito all'inizio del nostro essere al mondo, quando bambini avevamo architettato strategie per starci il meglio possibile, utilizzando nelle condizioni allora date le conoscenze e i materiali che avevamo a disposizione. Operazione che un po’ somiglia alla scrittura di un programma informatico e fatto il programma il programma “gira”, svolgendo i compiti prefissati.
Passa il tempo e mutano le condizioni del nostro vivere, ma il programma originario continua a svolgere le funzioni programmate all’inizio, anche se inadatte al presente. Il problema è che, a differenza di un computer, il predeterminato algoritmo originario non è disinstallabile -vale a dire estirpabile; inoperabile direbbe il chirurgo- e neppure aggiornabile -ovvero educabile; educare mestiere impossibile (Freud)- perché nella sua fissità si è incistato sempiternamente in noi costituendoci ed estirpandolo cancelleremmo aree vitali di noi stessi.
Possiamo, però, affiancare al programma originario nuovi programmi, architettandoli per stare al mondo il meglio possibile nelle attuali condizioni date e costruendoli con i nuovi materiali dei quali oggi disponiamo, esperienze vissute in primis. Per legge biologica -sembra che dopo i 13 anni smettano di nascere nuovi neuroni- saremo meno performanti nell’implementare e istituire queste nuove programmazioni secondarie, rispetto a quando avevamo edificato quella primaria, però le secondarie si incistano meno, concedono di correggere eventuali errori di programmazione nonché permettono la possibilità di aggiornamenti.