Mica puoi dire all’innamorato rifiutato di trovarsene un’altra, al genitore che perde il bambino di rimpiazzarlo, all’amico deluso dall'amico di una vita che ne ha altri, o a chi gli muore il cane che al canile c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Cosa è, in noi e negli altri, questa specificità insostituibile che nel suo manifestarsi trascende la biologicità che la permette?[1] Se c’è un qualcosa che nel mondo rasenta il soprannaturale è forse questa irripetibile singolarità che onoriamo con maiuscoli nomi propri.
Non possiamo escludere che tale individuazione sia nient’altro che una nostra soggettiva costruzione psichica, ma se invece ha una sua sussistenza oggettiva (psyché) come si è costituita? Non è semplice rispondere se non c’è un Creatore.
_________________________________
1 Qui stiamo parlando di “processo di individuazione” mio e dell'altro, ma a iniziare dalla filosofia scolastica si è indagata, in modo similare, tutta la realtà, inorganica inclusa. Il processo è chiamato “principio di individuazione” e coglie nella materia e forma un oltre che determina e costituisce l’unicità di ogni specifico ente. Due i termini chiave, che italianizzati suonano così: quiddità che indaga-afferma la specifica singolarità di una cosa; ecceità che dice e conferma la realizzazione specifica e insostituibile della realtà ultima dell’ente.