In questo mio terzo, stringatissimo, resoconto del FESTIVAL DELLA FILOSOFIA D’A-MARE, preavvisando il lettore di proteggersi dal rischio di crampi mentali procurati dall’oggettiva difficoltà degli argomenti potenziata dalla mia dappocaggine espositiva, elaboro la relazione del filoso Giorgio Gagliano, che digredendo dal titolo dell’incontro «I molti volti della sofferenza» ha, invece, sviluppato un excursus -per certi aspetti più utile- sul come risolvere la sofferenza.
Gagliano ha seguito un flusso concettuale non una mappa, da qui l’impossibilità di ridirlo senza tradirlo, quanto segue è pertanto un resoconto di quanto l’incontro mi ha evocato. La relazione ha operato su due livelli, uno più speculativo con rimandi al neoplatonismo e alle elaborazioni filosofico-teologiche del monaco cristiano altomedioevale Scoto Eriugena, proponendo nel contempo una ortoprassi nel solco della tradizione buddhista. Va ricordato che anche se per Eriugena Dio è, mentre il buddhismo risulta sprovvisto di Dio, le due concezioni sono più contigue di quanto possa sembrare, basta ricordare che Eriugena concependo Dio superiore sia all'essere che al non-essere lo collocava in sfere di indicibilità (in tali sfere permane sostanza?) squisitamente orientali.
In tali tradizioni la sofferenza (duḥkha) deriva dall’equivocare la realtà nella sua totalità con nostre parziali ed errate interpretazioni di essa. Il punto è che per emanciparci dalla confusione urge oltrepassare le ortodossie logiche che abbiamo appreso (stiamo ancora qui ottemperando lo statuto filosofico?) e introiettato, così da abbracciare senza paura il Caos. Nel Gioco di Brahma L’Uno (neoplatonico) si frammenta in pezzi che si riaggregano nell’Uno, un fiume che scorre (impermanenza), dove ogni goccia d’acqua è il fiume e il fiume è ogni goccia. In questo continuo infinito presente dove tutto è interconnesso, dove il particolare è l’universale e viceversa, “la sofferenza contiene [necesariamente] in sé la soluzione”. Il dovere (Dharma) si esplica, dunque, nel raggiungere la precisa visione delle cose per quello che davvero sono nel sempiterno qui e ora, permanendo in tale consapevolezza.
Va da sé che per dire tali concetti il linguaggio arranca e ogni parola che li esprime già li tradisce. Nella tradizione buddhista per raggiungere e permanere in tale consapevolezza sono pertanto indicati dei percorsi pratici. Gagliano ha quindi illustrato la pratica meditativa dell’osservazione (contemplazione) dei "Quattro Pilastri":
Corpo, Sensazioni, Mente, Oggetti della mente.
Più precettistici e dualistici rispetto a quanto suesposto, i quattro modi o stili di vita, combinazioni temporali di bene e male che partono dalla più dannosa per arrivare alla più proficua:
1 male presente male futuro (uccidi una persona e andrai in prigione);
2 bene presente male futuro (mangio troppo perché mi piace ma poi sto male);
3 male presente bene futuro (atteggiamento della formica rispetto alla cicala);
4 bene presente bene futuro (questo è raro, ma lo si può ottenere se il sacrificio fatto nel presente per ottenere un futuro migliore lo si fa con piacere);
Così ho udito e così, per quanto sono stato capace, ho scritto.