Nella mia contrada quasi tutti dispongono di qualche attrezzo per la manutenzione della casa e per coltivare la terra. Wittgenstein utilizza proprio l’immagine dell’officina attrezzata per spiegare il linguaggio, dove gli attrezzi sono le proposizioni e il lavoro che con questi facciamo il significato, metafora semplice quanto illuminante.
Nel voler rimuovere un pezzo d’intonaco se sprovvisti di scalpello si potrà, anche, utilizzare un grosso cacciavite e se si rompe la cesoia si proverà col seghetto e poi c’è il re dell’officina il martello, signore quasi onnipotente che equivale ai verbi Essere, Avere, Fare, Dire, Potere, Volere, Sapere, Stare e anche Accoppare, dipende da come utilizzato. Anche la chiave inglese regolabile può dire moltissimo anche se imprecisa, invece il vanghino per tartufi è precisissimo ma serve a poco, un po’ come il sostantivo tedesco Zweckgemeinschaft che un italiano può utilizzare per dire in un sol colpo l’estemporanea unione di persone dovuta a uno specifico interesse comune, ma estranee per tutto il resto.
Proficuo possedere un'attrezzatura, ancor di più se completa, di questi arbitri condivisi che sono le parole, ma alla fine ciò che davvero conta è per quale opera ci servono e come le utilizziamo nel compierla. E fu così che le parole nel prendere senso nell’operatività svelarono idioti incolti e saggi eruditi, ma anche eruditi idioti e incolti saggi.