Lingue babeliche, modi di dire, linguaggi specialistici, neologismi, termini obsoleti e nella stessa lingua parole differenti con lo stesso significato e pure accezioni che distinguono parole identiche che però dicono cose diverse.
Al contrario delle forze-informazioni che connettono il cosmo (gravitazionali, elettromagnetiche, nucleari, biochimiche…) permettendo una chiara e perlopiù univoca interazione universale, la comunicazione tra gli umani, attraverso l’arbitrio condiviso delle parole che hanno inventato, implica un limite forse irrisolvibile:
più la definizione di una parola (frase, discorso) è accurata e meno è comprensibile a tutti, viceversa più è grossolana e approssimativa e più risulta comprensibile ai più. E' un po' come se arrivando puntuali si perde il treno della relazioni e arrivando in ritardo invece si parte. Davvero un bel nodo scorsoio per le élites intellettuali.
Per liberarci da questo cappio aporetico urge un inedito, efficace, linguaggio e forse gli analfabeti funzionali ne sono gli inconsapevoli precursori: dopotutto pur senza capire una mazza riescono a vivere lo stesso, indizio che un qualche nuovo ed efficiente codice linguistico, sfuggito a Umberto Eco, lo avranno pur implementato. Mi è scappato un aporetico, lo intendevo in senso estensivo non filosofico, giusto per (eventualmente) capirci.