A Occidente dai greci a tutto il medioevo il lavoro artigianale, manuale e meccanico (banausia), veniva giudicato generalmente spregevole. Nell’empireo filosofi, sacerdoti e guerrieri, agli inferi scaricatori di porto, fabbri e contadini. Platone, Aristotele ed esponenti della filosofia scolastica, la vedevano, un po' altezzosi e ingrati[1], più o meno così. Col Rinascimento le cose mutavano e la persona era, finalmente, riconosciuta degna per il solo evento del suo esserci. Déi pagani e il Dio espresso dalle Chiese cristiane per quasi due millenni hanno prodotto classi di superbi e di subordinati, ci è voluto l’umanesimo per venirne un poco fuori. In seguito nell'idealismo antropocentrico si è esaltato, talora oltremisura al pari di una religione, ogni individuo.
Oggi di quella classicità che disdegnava il lavoro manuale solo qualche strascico, nei genitori che dozzinali ostentano i risultati brillanti del figlio che frequenta il liceo classico, o di coloro che si oppongono alla convivenza della figlia ragioniera col garzone del macellaio, o di qualche pensionato compiaciuto di seguire corsi avanzati di una qualche libera università umanistica, per poi appendersi l’attestato nel soggiorno.
Ad eccezione di questi esempi di provincialismo decadente la situazione si è oggi capovolta rispetto al periodo classico nel disprezzo di pensiero-parola, nell'imperativo “fatti non parole” vale a dire “taci e esegui”, indizi che quel dio oscuro è ritornato sulla scena, in forma sì opposta ma così speculare da produrre i medesimi esiti sociali. Permarrà tenace se non escogitiamo un qualche Rinascimento.
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1 Inghiotto la compressa e il mal di testa cessa di colpo come un temporale estivo grazie a chi l’ha formulata, grazie all’ingegno di tutti quelli che hanno dato risorse e intelligenza per generare-realizzare farmaci efficaci, grazie agli operai che la producono. Salgo sul treno, sull’aereo, sul traghetto e arrivo a destinazione. Talvolta i sedili sono sporchi, qualche volta ritardano, ma grazie all’ingegno di qualcuno, grazie al lavoro dell'Altro, arrivo. Non lo conosco, sovente è morto da tempo o abita lontano, ma in ogni caso merita obiettiva riconoscenza per l’aver inventato la pizza napoletana, per l’aver scritto nel Seicento un testo di filosofia, per aver progettato e realizzato un computer che mi fa lavorare meglio e anche per l’antiparassitario che toglie il prurito al gatto, per il calorifero che l'idraulico mi ha montato e la forchetta, la neurochirurgia e le regole di grammatica, per le scarpe e gli occhiali. Qualcuno ha procurato molto danno e poco profitto, qualcun altro ha però compensato, riparando con bilancio positivo. Un po’ di ammirazione e gratitudine sono il minimo sindacale che l’Altro, pensatore o esecutore, oggettivamente merita.