E’ arrivata l’estate, lo scirocco rovente e le conviviali cene a raffica con numerosi conoscenti e amici. L’ordinario eremitaggio, tipico di chi vive dalle mie parti, è invaso da Primitivo del tarantino e tante chiacchiere, e va bene così. La situazione si complica quando dalla cicalata si prova a dialogare in quanto, a differenza dello sparare minchiate alimentate da Primitivo DOC, il dialogo necessita di alcune regole:
1 conoscenza del significato di tutte le parole che diciamo e ascoltiamo;
2 assemblaggio (costruzione della frase) preciso, in modo che esprima il significato di ciò che pensiamo (se pensiamo) e in tale costrutto monitorare in tempo reale la conoscenza del significato dei termini utilizzati, sia da parte di chi dice, sostituendo lemmi perfetti con termini comprensibili a tutti anche se meno precisi, sia di chi ascolta interrompendo l’eloquio altrui nel caso questo utilizzi termini non chiari;
3 consapevolezza del personale paradigma dello stare nel mondo (weltanschauung) cogliendo nel contempo quello dell’interlocutore, così da evitare equivoci e creare ponti;
4 non invadere il parlare altrui con interruzioni ingiustificate e saper concludere il proprio dire per lasciare spazio all’altro;
5 permettersi delle reciproche brevi pause di silenzio così da riflettere e anche per respirare.
Ottemperati i 5 punti metodologici è pure necessario aver qualcosa di interessante da dire. Roba da refettorio benedettino, forse meglio lasciare le cose come stanno.