Le agiografie cantano fine vita gloriosi scaturiti dalla illimitata e irremovibile fede nel soprannaturale dei protagonisti.
Com’è che, invece, quelli che ho conosciuto vivere così[1] li ho visti finire tutti male?
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1 Mi riferisco alla variante esaltata e mai autoironica del titanismo, non al rifugiarsi nella divina provvidenza consapevoli del proprio limite; questi ultimi invece di sfracellarsi cadono anche loro, ma quasi sempre in piedi.