S’impegnava nella sua professione d'artigiano per un’esistenza dignitosa sua e di qualcuno a lui prossimo, né di più né di meno. Il resto del tempo e della personale potenza li utilizzava per comprendere il significato dell’universo e il suo posto nel mondo. Aveva sessant’anni e così faceva fin da ragazzo; se interrompeva quel pensare si sentiva male, ma nel riprenderlo il sangue gli circolava ancora nelle vene. Probabilmente non era del tutto sano, chiedersi il senso della vita è indizio di una qualche malattia, sentenziava Freud. Però a lui andava bene così e poi, dopotutto, considerando la storia della civiltà era in buona compagnia, non pochi avevano vissuto come lui e non proprio tutti brocchi o scompensati.
Dopo tanto indagare ed elaborare il significato dell’universo e il suo posto nel mondo non li aveva trovati, però un paio di verità plausibili forse sì:
i monoteismi rivelati erano narrazioni, mentre la natura era dato certo. Così per la quinta volta si era riletto L’Etica di Spinoza, vedeva che lì c’era risposta, o perlomeno un suo inizio. Capiva poco e davvero a fatica ma, dai e dai, cominciava a penetrare quella mistica razionale; lo percepiva dal godimento che la lettura a tratti gli regalava e dal pensiero che gli stimolava. In quell’esercizio di umiltà d’accettarsi come una mera modalità provvisoria espressa dall’impersonale Dio sostanza infinita, Tutto Uno ed eterno che senza fini produce, indifferente al bene e al male come intesi dagli uomini, la realtà naturale, qualcosa non gli tornava ancora: che non tornava era Spinoza stesso: più L’Etica dettagliava precisa i meccanismi e le leggi di quel sommo funzionamento e più testimoniava un punto della Natura - nella fattispecie l’Autore del libro, anch’egli espressione di Natura - dove il funzionamento prendeva una piega quasi “personale”, introspettiva, consapevole di sé. Nell’accadere della Natura oltre a meccaniche celesti, amebe, papaveri di primavera e gatti, irrompeva quello strano e inaspettato evento dell’umano corpo-pensiero, capace di dirla (la Natura) e ricapitolarla.
Osservando il soggetto uomo non poteva escludere, di riflesso per speculare simmetria, che la Natura fosse anch’essa strutturata da un Dio sì immanente ma, a suo modo, autonomo, cosciente e personale, a immagine dell’uomo; dopo decenni di osservazione, elaborazione e indagine il significato dell’universo e il suo posto nel mondo non li aveva ancora trovati.