Invecchiando la decina d’attacchi d’ira che avevo all’anno sono aumentati d’intensità però diminuiti di numero. Circoscritta momentanea pazzia che di solito mi coglie una mezz’ora dopo il risveglio se un qualche pirla entra nel mio spazio psichico a gamba tesa. Si dice “perdere la testa” come se da una parte ci fosse il regno delle emozioni e passioni abitato da decapitati, dall’altra quello del pensiero invece popolato da vigili urbani col cappello in testa che fischiano allorquando nel regno delle passioni scorgono maretta o fuochi d’artificio fuori orario. Dinamica incontestabile come insegna la tradizione platonica, stoica, dell’illuminismo, cristiana e pure orientale, tutte d’accordo nel riconoscere al pensiero anche funzione legislativa di controllo e contenimento sulle emozioni. Qualcuno, se non ricordo male Spinoza, osservava tuttavia che anche senza il pensiero-vigile-urbano, le passioni-emozioni, quando opposte, procurano di per sé una sorta di autoregolazione, ad esempio la paura stimola l’audacia e l’audacia circoscrive la paura.
Ritornando ai due regni distinti c’è qualcosa che non torna, ricordo quando facevo l’attore e l’amico Vincenzo mi dirigeva, quando carente nel manifestare una emozione mica mi invitava ad amplificarla, ma mi chiedeva: «Cosa stai pensando?» e su quello si lavorava, in quanto emozioni e passioni sono frutto non di viscere ma di pensiero.
Un amico anestesista mi spiegava che per alcuni interventi chirurgici basta e avanza che il paziente dorma più o meno profondo, invece per altre operazioni, tipo quelle “a cielo aperto” dell’intestino, è necessaria una sedazione completa, altrimenti le budella reagiscono all’invasione traumatica prolassandosi e muovendosi, disturbando l’operare del chirurgo. Tutto qui, ne più ne meno della rana di Galvani che sgambetta catatonica. Dal cuore e dalle viscere nulla di più.
Dentro ogni attacco d’ira alberga una specifica Weltanschauung e una precisa ontologia, anche logica, metafisica, etica, estetica, epistemologia e gnoseologia, politica, sociologia, filosofia del linguaggio e teologia non di rado capace di produrre bestemmie più efficaci di certe orazioni canoniche. La testa c’è, perlopiù sbagliata, ma c’è. Quasi tutta.