Oggi ho letto di Giacomo B. Contri:
«Verità […] nesso d’imputazione tra un giudizio e un atto, al posto della tradizionale definizione della verità come adeguatezza dell’intelletto alla “cosa”.»
La puntuale conclusione mi ha fatto ricordare due ex amici di percorso “concettualmente” immacolati: uno sindacalista che dal palco difendeva il salario dei dipendenti e rincasato picchiava la moglie, l’altro regista che realizzava film sul rispetto dei diritti umani dirigendo con sistematico sopruso chi lavorava con lui. Non per questo squalificherei la categoria dell’adeguatezza dell’intelletto all’oggetto.
Ci sono differenti sindacalisti e registi, donne e uomini, filosofie e filosofi tra questi valorosi quelli capaci di accordare intelletto-oggetto alla personale imputabilità di giudizio-atto.