In due stringati post avevo inconsapevolmente scritto della protoscientifica “Teoria dei memi”; un giro su Wikipedia per saperne di più. La differenza è che la teoria, oltre a quelli proficui, individua anche memi dannosi.
Se ci sei batti un colpo
La fotografia della faccia del defunto sembra attualizzarlo, invece lo pietrifica fissandolo nel passato.
Un po’ contigua a tale fissazione è il religioso immaginare vivo e morto collocati in un luogo di ordine superiore, sorta di accesso a un salotto metafisico che dispensa parvenza di contatto e conversazione.
Forse più efficaci gli strumenti di contatto neopagani come il piantare un albero in onore del defunto, così da glorificarlo attraverso un simbolo naturale, vivo e condiviso.
Ma, alla larga da occultismi, il contatto fattuale accade attraverso lo strumento scrittura se il defunto aveva scritto - comprese le varianti del detto e riferito - il suo pensiero. Il discorso di un autore vissuto più di dieci secoli fa ti si può avviluppare al corpo stimolandolo più di un partner vivo e vegeto. L’evento apre scenari imponenti per vivi e morti.
Consegna del testimone
C’è e ci sarà sempre qualcuno abile nel progettare aerei, costruirne di migliori e capace di pilotarli. Eppure tra - più o meno - cento anni manco uno dei competenti vivi ci sarà ancora e l’intero scibile umano verrà traghettato a nuovi nati, tutti con livello di conoscenza zero. Tabula rasa e si riparte.
Anche se a ogni passaggio non si riparte dalla preistoria; anche se siamo numerosi; anche se mentre qualcuno muore più di qualcun altro nasce senza soluzione di continuità e la consegna del testimone avviene gradualmente e non d’un botto, c’è tuttavia da meravigliarsi che un certo progresso riesca, tutto sommato, a perpetuarsi e a “tenere”.
In tale funzionamento ci deve essere qualcosa che va oltre la mera consegna di testimone. Forse abbiamo l’anima di gruppo come le formiche e il sapere raggiunto in qualche modo si espande osmotico, onnipervadente, a tutta la specie.