«E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco»
Con quel «Anche tu» Leopardi vede la ginestra sulla sua stessa barca; la interpreta compagna nell’epilogo che incombe sui mortali. Eppure in quel proferire del poeta capace di vedere, analizzare e giudicare i prefissati processi naturali in qualche modo li sorprende e scompiglia emancipandosi dall’incantesimo. Nel sovrano atto poetico che prende distanza dal destino artefice di impersonali automatismi giudicandolo, accade -pur nella ineluttabilità dei processi biologici e cosmici- una auto-redenzione, una immediata ricompensa, un appagamento pronta cassa.
La ginestra, grazie all’umano originale sovversivo giudicare di Lepardi, potrebbe scorgere anch'essa un barlume di sovranità, di emancipazione dalla «crudel possanza», invece permane catatonica, indifferente e all’incombente minaccia e a possibilità di salvezza.
Ginestra e poeta sulla stessa barca, ma differente è il loro navigare.
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Filosofia di strada