Ho letto Sarte prima di dormire, giusto una mezzora. L'essere e il nulla parte centrale quella un po’ più comprensibile agli erboristi, non filosofi, come me. Quella parte del libro che dettaglia il peccato originale della personale maledizione di essere, ognuno, inevitabilmente "altro" per gli altri e viceversa; insanabile mancanza dove è preclusa qualsiasi positiva edificazione e appagamento con l’altro e tramite l’altro.
Osservazione teoretica valorosa e complessa quella di Sartre che stimola il pensiero e la ricerca, eppure stamattina alla riapertura dell’erboristeria un flacone di sciroppo lo ha smentito in due minuti: avevo raccolto il mirto e realizzato lo sciroppo per la tosse a regola d’arte, l’ho venduto a prezzo giusto mentre la cliente mi ringraziava per il pezzo che aveva acquistato l’anno scorso risolvendogli il problema. Lei contenta di me e io di lei, io contento di me tramite lei e viceversa, precisa reciproca personale soddisfazione per mezzo di un altro1. Se accade con gli estranei a maggior ragione coi prossimi.
Non so se uno sciroppo al mirto ha potere di lenire la tosse stizzosa dell’esistenzialismo filosofico. Può bastare così poco? Mi torna alla mente una citazione del filosofo Orlando Franceschelli, ri-cito a memoria: «Basta un cane che muove la coda per far collassare il nichilismo.»
1 G.B. Contri: «Allattandomi mia madre mi ha eccitato al bisogno di essere soddisfatto per mezzo di un altro.»