All’inizio dell’anno accademico il docente d’antropologia filosofica aveva illustrato il programma alle matricole:
«Non sono qui a filosofeggiare sull’uomo, ma per procedere ad un’ampia ricognizione della storia della filosofia in relazione allo sviluppo delle scienze sociali…»
Tutto chiaro e lo studente obbedisce diligente:
1 non pensa;
2 legge il testo di riferimento;
3 ripete a memoria quanto legge;
i tre passi del filosofo perfetto.
Arriva il giorno d’esame e il professore gli chiede a freddo:
«Cos’è un’idea?»
Lo studente si confonde, spiazzato avverte un senso di vuoto e non risponde. Il giorno dopo medita sulla personale défaillance e comprende che la risposta giusta sarebbe stata replicare:
«Professore, intende idea per il pensiero di Platone, Parmenide, Aristotele o per i contemporanei?»
Lì, il bravo ragazzo, avrebbe dato risposta tempestiva e congrua, invece la domanda del professore lo aveva portato a cercare in presa diretta l’“Ente Idea”, proprio come fanno i filosofi. Attrezzato di nozioni ma sfornito di strumenti e pensiero per inoltrarsi in quei territori complessi e insidiosi e, ancor di più, non sentendosi autorizzato a dire la sua in quanto severamente vietato dal mondo accademico, si era impaludato nel regno dell’indicibile.
Siccome è tutto vero, urge analizzare le seguenti ipotesi per individuare e risolvere il problema.
A. Il docente in oggetto è un sadico perverso;
B. Lo studente in oggetto è un idiota;
C. Forse c'è qualcosa che non va nelle università italiane.