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Giovedì, 29 Marzo 2012 18:36

Clericalismo? E' come il vischio ti si appiccica addosso

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Chi nel quotidiano vive la laicità ne conosce il significato per immediata evidenza, eppure quando intende definirla sa di avventurarsi in territori insidiosi.
La laicità non è riducibile ad una negazione: chi non appartiene al clero religioso, ma anche professionale o partitico. Anche definirla in positivo è operazione delicata perché la laicità rigetta sistematizzazioni, aggettivi e avverbi, mal tollera anche i sostantivi e non sopporta attributi.
Camminando sulle uova potremmo definirla così: la laicità è l’atto del pensare con la propria testa. Se la testa del soggetto è sana la definizione, nella sua elementarità, si rivela precisa e congrua: primato del pensiero e della persona.
Soggetto pensante e soggetto laico, dunque, coincidenti.

Accettata la definizione le insidie permangono quando dal pensiero del singolo si vuole implementare una laicità organizzata e militante che sia mordace nel sociale. Quando i laici, pensatori eremiti, scelgono di aggregarsi per incidere con più efficacia insorgono inevitabili problematiche e perplessità. Nel trasporre il pensiero del singolo all’interno del gruppo si tenderà, per forza di cose, ad inibirne l'originaltà con poco laiche e un po’ presbiteriali anestesie, compromessi, obbedienze e conformazioni onde evitare scismi, eresie e scomuniche. Olocausto del pensiero personale offerto per il buon funzionamento del gruppo a soddisfazione delle sue gerarchie.

Più i gruppi, laici e non, si caratterizzano ideologicamente più tendono inevitabilmente a clericalizzarsi, ad identificarsi nelle idee e nelle comunità di appartenenza. Laicità sacralizzata, ideologico giudizio di valore dove l’originale pensiero personale vira in liturgie conformi alle linee programmatiche imposte.
Per gli Stati il fenomeno della sacralità laica si amplifica, nota la retorica allegorica, rituale, monumentale, parareligiosa, di laiche Repubbliche, con altari della patria e puttini alati lì a raffigurare teorie e idee di Liberté, Égalité, Fraternité che abitano le alte sfere, sistematicamente tradite nella vita reale.

Diffuso nei gruppi di laici organizzati, impegnati ideologicamente a muso duro, il sussistere per antitesi reattiva: laicità come anticlericalismo. Lì in mezzo ad atei e agnostici si subodora odore di sacrestia, lo si avverte nella semantica asfittica, dottrinaria, reattiva, ritualmente prevedibile, povera. Il virus del clericalismo da piazza San Pietro si espande fino agli estremi confini della terra infettando luoghi insospettati, tutta colpa della nota legge fisica che caratterizza il clericalismo: è come il vischio ti si appiccica addosso. Nell’attaccarlo a distanza ravvicinata dal pulpito della ideologica militanza  ci si ritrova a far la predica.
Preferibile l’atto del pensare con la propria testa nella proficua cooperazione di operai eremiti. Nessuna missione speciale da compiere. Basta e avanza che ognuno dica rilassato e preferibilmente in piazza il proprio pensiero. Quando c’è, se c’è.

Ultima modifica il Sabato, 31 Marzo 2012 14:04

1 commento

  • Link al commento matilde cesaro Sabato, 31 Marzo 2012 15:51 inviato da matilde cesaro

    Stumentazione di sopravvivenza... "l'atto del pensare".
    Apologia del condurre: "esporre rilassato e preferibilmente in piazza il proprio pensiero".
    Giubileo (corno di montone) del dubbio: "quando c'è... se c'è"...

    Rapporto

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