Nel Tetragramma biblico è rivelato il nome proprio di Dio: Yahweh "Io sono ciò che sono"; così, l’individuo fatto a immagine e somiglianza di quel Dio può affermare il “dato” che gli regala inequivocabile e stabile identità: “Io”.
Eppure, pur accorgendoci di essere noi stessi per deduzione immediata come suggerisce la Bibbia, osserviamo che la struttura dell’Io e le dinamiche che creano l’identità personale risultano complesse. Constatiamo che l’io è mutevole, inafferrabile, proteiforme, più vicino ad una costruzione narrativa, ad un processo in svolgimento, che a un dato oggettivo immodificabile ed inequivocabile.
La dialettica tra i due approcci ha caratterizzato la storia del pensiero e il rapporto conflittuale tra visioni religiose integraliste e umanesimo laico, fino a quando Yahweh - nome che nella tradizione ebraica è giudicato troppo sacro per essere pronunciato - è diventato, nella versione inglese "I Am What I Am", il motto della campagna pubblicitaria dell’azienda leader mondiale di scarpe da ginnastica. Il messaggio della multinazionale invita i giovani a riscoprire ed abbracciare la propria individualità unica e irripetibile perché test di laboratorio certificano che indossando le loro scarpe “... si genera un'attivazione dei glutei fino al 28% maggiore rispetto a una comune scarpa da ginnastica grazie ad un sistema di capsule di bilanciamento all’interno della suola della scarpa che crea una naturale instabilità ad ogni passo”.
Un 28% per cento in più di tono al culo che permette finalmente di affermare: "Io sono io". Potevano dirlo prima.