BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Lunedì, 08 Marzo 2010 19:18

Domani si vedrà

Scritto da  Bruno Vergani

 

Di vita ce n’è una sola ed è questa sulla terra. Così dicono i miei amici atei mentre si danno da fare. Invece chi, come me, ha avuto un imprinting cattolico, anche se oggi non pratica religione alcuna sotto sotto pensa e vive come se di vite a disposizione ne avesse tante. Come se esistesse un dopo, un tempo che verrà, un domani dove i conti in sospeso, l’incompiuto personale e sociale potranno in qualche maniera misteriosa compiersi. Come se esistesse un posto e un tempo a venire dove realizzeremo gli amori pensati e non vissuti, ogni desiderio, dove incontreremo le risposte non trovate e gli ideali traditi saranno guariti e ricomposti.Questo atteggiamento di fondo, seppur inconsapevole, tende nel quotidiano a far procrastinare le scelte, a rallentare i percorsi, a non prendersi la paternità dell’azione, a non cercare soluzioni rapide e concrete. Un vivere il tempo come se il senso non è tutto qui e adesso porta a delegare, ci anestetizza e intiepidisce. Quando sarà, dove sarà, come sarà questa realizzazione cosmica? Non lo sappiamo tuttavia, come dentro un incantesimo tendiamo a comportarci come se accadrà. Questa atteggiamento di fondo si esprime talvolta come rassegnazione; con la mancanza di giudizi fortemente critici sulla situazione storica, con disimpegno e qualunquismo per la trasformazione del mondo. Talvolta con lo stato d'animo di chi è vagamente fiducioso negli avvenimenti futuri di cui, pur non conoscendo i contorni precisi e le esatte possibilità di riuscita, per motivi misteriosi rimane un po’ ottimista: il classico “speriamo” .L'escatologia (dal greco éskhatos=ultimo) è, nelle religioni, il pensiero che riconosce il destino ultimo degli uomini e dell’universo. Per quanto suesposto l'escatologia non è una disciplina astratta, in quanto le aspettative ultime dell'uomo determinano inevitabilmente il comportamento presente e quotidiano. Dall’aprire un conto corrente, all’acquisto di un prodotto, all’educazione di figli, al scegliere un partito che ci rappresenti. Speranza cristiana: virtù soprannaturale che si esprime come tensione astratta per aprire varchi di fiducia illusori. Un atteggiamento dell’animo, uno slancio che accarezza il sogno di continuare nel tempo, che veste il domani per sfuggire all’agguato della morte, ma che invece di fatto ci rende davvero poco virtuosi.Bruno Vergani

Immagine: "Città ideale d’oro" di Paolo Polli. Per gentile concessione dell'autore

Ultima modifica il Venerdì, 28 Ottobre 2011 23:51

2 commenti

  • Link al commento  giorgio Giovedì, 23 Dicembre 2010 17:43 inviato da giorgio

    Caro Bruno,
    proseguendo il dialogo vorrei domandarti:
    L'equivoco che ci hanno insegnato da dove trae origine? La presunzione che denunci da dove nasce e dove si alimenta?
    Ricordo un convegno del CLU, al termine di una mirabile lezione di Giussani, presi il coraggio a due mani e andai direttamente dal Vecchio domandandogli: ma che garanzie abbiamo noi circa la presenza del Divino nella nostra storia? Non potrebbe questo essere l'esito di un meritorio sforzo di umana disciplina?. Mi rispose, dopo avermi chiesto informazioni sulla la facoltà che frequentavo, che la garanzia erano i 2000 anni ininterrotti di storia della Chiesa.....ecc. Con questa garanzia andai avanti per anni nella fedeltà al "già e non ancora", agli albori del mattino che introducono alla luce del giorno" e tutte le altre suggestive narrazioni poetiche che ben conosci. Ma il giorno non veniva mai e ogni tanto, sempre più spesso, trovavo anch'io qualcuno "che mi ficcava i pollici negli occhi".
    Cominciai allora ad allontanarmi con gradualità e ad incontrare persone e punti di vista diversi che decisi di considerare e comprendere a fondo nel desiderio sincero di incontri veri e non strumentali, dove non dovevo "illuminare" o convertire nessuno. Cominciai con letture diverse dalle solite "consigliate" e anche a leggere o rileggere la storia. Quella con la "S" maiuscola non quella agiografica che penso vi facevano leggere in convento. Questo non è un particolare da poco: scoprii che questi 2000 anni di storia dela chiesa erano pieni zeppi di Papi che ficcavano pollici negli occhi del prossimo, spesso in quelli dei rivali al soglio. Ma cosa più grave e che a mio avviso incrina tutta la "costruzione" vi sono stati momenti (es. intorno al 1050)dove contemporaneamente a capo della Chiesa vi erano 4-5 Papi che si scomunicavano a vicenda con anatemi di ogni genere. Senza contare il più grande scisma con il patriarcato doi Costantinopoli ancora oggi non risolto. Allora mi son chiesto e mi chiedo: di quale garanzia mi stava parlando Giussani? Chi garantiva l'autenticità, l'esclusività e la continuità della tradizione e del garante stesso. Crollata anche la garanzia, senza rete sono partito per il nuovo viaggio. Sempre più bello!
    Ciao

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  • Link al commento  bruno vergani moderatore Giovedì, 23 Dicembre 2010 21:26 inviato da bruno vergani moderatore

    Caro Giorgio, sarà ancora più bello, con tutte le cose interessanti che ci sono da vivere fare e scrivere se evitiamo di attardarci in queste faccende, ma la domanda è interessante;
    per quanto ho visto e sperimentato l’autoreferenzialità tribale, che è cosa contigua ma differente dalle tradizioni cristiane, ha origine nella paura ingiustificata della realtà e da nichilismo inconsapevole. La paranoia genera un allontanamento da ciò che c’è e dall’orrido nulla immaginato e crea uno pseudomondo nel quale abitare. Il pallone vuoto va poi sistematicamente giustificato e mantenuto costantemente gonfio immaginando e ravvivando pseudopericoli imminenti e pseudominacce incombenti (il vuoto e il mondo cattivo).
    Il fondamentalista per riempire il vuoto su cui poggia si percepisce come il bambino olandese con il dito nel buco della diga, lì vigilante 24 ore su 24 a difesa dell’umanità. Sempre pronto alla mobilitazione generale immerso nel suo egoriferimento ipertrofico e monomaniacale. Vede la sua casa e allucinato la immagina bruciare, incendiata dai nemici. Non può mai rilassarsi rimarrebbe faccia a faccia con il vuoto delle sue credenze che lui e i suoi amici seguono. Identificato con il gruppo di appartenenza e con il suo pseudoideale, come il cane con l’osso tra i denti, non può mai mollare. Solo Appartenendo al gruppo e lottando per difenderlo può esistere altrimenti il nulla o i cattivi che lo uccideranno. Da qui le sue apprensioni ingiustificate, il suo sospetto sistematico. Divisione certa tra buoni e cattivi. Pensiero fragile che per resistere prende rigida forma nell’assoluta convinzione di essere nel giusto. Pregiudizio in una intensità d'attenzione sempre prevenuta e continua, mai libera, mai ironica, mai autoironica. Stretto nel suo gruppo con iperintenzionalità cerca ogni indizio che possa confermare le sue credenze minacciate dal nemico, talmente sicuro della sua visione da non conoscere discernimento riesce a trascurare contraddizioni evidenti del suo pensiero e del come stanno per davvero le cose. Sempre sconvolto da potenziali elementi inaspettati che lo possano sorprendere.
    Per lui tutto ha uno scopo preciso. Non fa nulla per gioco. Mai spontaneo, ipervigilante indaga ciò che lo circonda come un militare in missione speciale, con gli occhi fuori dalle orbite e la faccia tesa, esaltazione che chiama baldanza. Effettua un monitoraggio serrato e riesce sempre ad interpretare in persone innocue e distese un nemico, che accuserà di tremende responsabilità con nefaste conseguenze eterne. Con urgenza e argomenti stringenti butterà addosso al diverso tutta la patologia che ha dentro, da qui missione e apostolato come necessità per occultare a loro stessi d’essere persone fragili, tenute insieme con lo scotch di concetti e preconcetti validi solo nel gruppo, ma assolutamente incongrui per tutti gli altri. Così il cercare e l’accogliere l’altro, il diverso che sta nel mondo, diventa una vera e propria dipendenza, alibi necessario per autogiustificare, nel suo assioma incontestabile e ammirabile, che non sono nell'errore ma nel giusto, che non sono fragili ma forti. Di fatto, in questo apostolato, non accolgono nessuno se non le idee del gruppo e così si autosostengono in un circolo vizioso che rafforza la dipendenza degli appartenenti al gruppo aumentando nel contempo la fragilità personale e la chiusura al diverso. Missione per esasperata difesa personale e del gruppo potenzialmente minacciata dall'altro per il semplice fatto che c'è, che esiste con la sua diversità pericolosamente destabilizzante, specialmente se tutto sommato non sta poi tanto peggio dei missionari anche se miscredente. Il fragile attivista, in missione per conto di Dio, nell'accogliere l’altro per inglobarlo nel suo pseudomondo si metterà un po’ al sicuro dalle insidiose critiche e ironie del diverso, pericolosi grimaldelli alla sua presunta forza incapace di autocritica e autoironia. Se l'altro, cercato e accolto con sommo amore, non si adegua ai salvatori, per il semplice fatto che rimane sé stesso, viene allora inopinatamente combattuto e se persiste negato.

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