Milano, anni ’70. Pausa pranzo ad un giornata dei novizi dei Memores domini*. Non c’è il ristorante così si mangia al sacco. Don Giussani, in piedi nel piazzale, scarta il suo panino con dentro il prosciutto crudo. Intorno a lui duecento futuri Memores. Osservo che nessuno si avvicina al capo. Passano i minuti e mi chiedo: “Perché è lì solo in mezzo al piazzale col panino in mano? Adesso vado lì io”, ma una forza interiore mi paralizza. Uno strano timore. Penso che nessuno si avvicina perché avvertono lo stesso insuperabile blocco che sento io. Come me hanno timore, come me non osano. Si formano dei gruppetti di novizi, parlano tra loro a bassa voce, indifferenti al sommo capo rimasto lì da solo col suo panino sempre più corto. Situazione irreale, intorno a lui un cerchio vuoto, come quello che si disegna con le strisce gialle intorno ai macchinari pericolosi e lui lì in mezzo. Si rientra e riprende la lezione, nessuno dei novizi si è accorto che è stato lì tutto il tempo solo come un cane, ma lui si. Prende la parola e dopo cinque minuti il suo discorso vira sul tema dell’estraneità e di botto dice: “Come quella che avete voi con me!”. Se avessi avuto il coraggio dalla platea avrei alzato la mano per dirgli: “Era quanto più desideravo poter mangiare vicino a lei il mio panino con la mortadella, ma una forza dal profondo me lo ha impedito. E’ forse per timor di Dio che lei è rimasto solo, non per estraneità e indifferenza. Non avevo ancora vent’anni e per fortuna sono stato zitto. Oggi senza alzare la mano gli avrei risposto che ognuno ha quello che si merita, Kant però gli avrebbe argomentato meglio: “Dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste placide creature osassero muovere un passo fuori dal girello da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo descrivono ad esse il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. Ora, tale pericolo non è poi così grande, poiché, a prezzo di qualche caduta, essi alla fine imparerebbero a camminare: ma un esempio di questo tipo provoca comunque spavento e, di solito, distoglie da ogni ulteriore tentativo. E' dunque difficile per il singolo uomo tirarsi fuori dalla minorità, che per lui è diventata come una seconda natura. E' giunto perfino ad amarla, e di fatto è realmente incapace di servirsi della propria intelligenza, non essendogli mai stato consentito di metterla alla prova. Precetti e formule, questi strumenti meccanici di un uso razionale, o piuttosto di un abuso, delle sue disposizioni naturali, sono i ceppi di una permanente minorità. Se pure qualcuno riuscisse a liberarsi, non farebbe che un salto malsicuro anche sopra il fossato più stretto, non essendo allenato a camminare in libertà. Quindi solo pochi sono riusciti, lavorando sul proprio spirito a districarsi dalla minorità camminando, al contempo, con passo sicuro. “ Kant, Beantwortung der Frage: Was is Aufklaerung? in "Berlinische Monatsschrift"Bruno Vergani *Gruppo monastico di Comunione e Liberazione, in quegli anni era denominato “Gruppo Adulto”
Immagine: agosto 2009 prova aperta monologo teatrale "Memorie di un ex monaco" di e con Bruno Vergani regia di Vincenzo Todesco