l’identica situazione, lo stesso luogo, il medesimo contesto possono essere percepiti e vissuti in modi molto differenti. Ieri sera due mie amiche sono state invitate ad una festa in maschera; oggi le ho sentite prima una e poi l’altra: la prima era entusiasta e divertita, l’altra invece non si è travestita, non ha ballato e si è annoiata, poi questa mattina al risveglio ha scritto dei versi, che su mia insistenza mi ha comunicato:“Osservo gli altri divertirsi. Nel dimenarsi in allegra libertà s' illudono d' esorcizzare la morte in semplicità. Nel farlo tutti insieme non si accorgono di mentire. Un po' invidio il puerile stratagemma, l'anestetico per bambini, ma non giudico loro e neppure la mia diversità: quel sottrarsi almeno un poco così da poter vedere”.Sommariamente possiamo ripartire le persone in due categorie: gli estroversi e gli introversi. Sembra che i primi siano l’ottanta per cento della popolazione. E’ agevole riconoscerli: oltre a divertirsi alle feste in maschera parlano costantemente al cellulare, il mondo è loro, fanno il buono e cattivo tempo imponendo il loro modo di essere come parametro della normalità. L'introverso invece è un individuo riflessivo, critico e creativo. Lì in un angolo prima osserva, poi giudica in profondità e inventa soluzioni, poi forse le mette in pratica, nel frattempo gli altri hanno già reagito e lui rimane indietro, sempre perdente. La settimana scorsa sono andato all'ufficio anagrafe, una impiegata parlava al telefono. Volume della voce alto, ben vestita, perfettamente inserita nel contesto sociale conversava disinvolta, probabilmente con la sorella, riguardo la pasta condita col pesto che doveva cucinare; il tema verteva con passione sul dilemma di utilizzare le penne rigate in sostituzione delle trenette esaurite al supermercato. Nell'aspettare il mio turno osservavo sugli scaffali impolverati i volumi delle morti e un signore anziano in coda con me mi ha guardato negli occhi, poi indicandomi l’impiegata che blaterava ha commentato a bassa voce: “ Anche lei finirà in una di quelle cartelle, in un trafiletto con la sua data di nascita e di morte”. Ammirato dell’anziano e divertito per la sentenza sono andato a prendermi un caffè al bar della piazza. Solo. L'ho gustato con calma proustiana e nel farlo mi sono istantaneamente reso conto che simpatizzo per gli introversi. Quando ho chiesto il conto del caffè una persona seduta nel bar, della quale ignoro il nome, mi ha salutato con calore e ha pagato per me, ma il barista ha prontamente rifiutato offrendomelo lui. Anche quel barista, a me assolutamente estraneo, stranamente mi conosce. Chissà perché la gente mi vuole bene. Probabilmente a questo mondo c’è posto per tutti, introversi ed estroversi, ma purtroppo per l’introverso il vedere le cose “per quello che sono” invece che “di come sono per la maggioranza”, lo mette fuori gioco. Il paradosso è questo: gli artisti, gli scrittori e le persone creative in genere (generalizzando gli introversi) sono allo stesso tempo psicologicamente "più malati" sono cioè al di sopra della media in un'ampia gamma di misurazioni psicopatologiche e nel contempo psicologicamente "più sani" in quanto “si caratterizzano per tassi molto elevati di fiducia in se stessi e di forza dell'Io” (Jamison, 1993).Se Fernando Pessoa, uno dei poeti più rappresentativi del XX secolo, venisse oggi letto da un individuo estroverso, digiuno di quei testi e ignorante dell’autore, come reagirebbe? E uno psicoterapeuta cosa diagnosticherebbe? "Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. A parte ciò, ho in me tutti i sogni del mondo"."...ho capito, con una illuminazione segreta, di non essere nessuno. Nessuno, assolutamente nessuno".“Questa è una giornata nella quale mi pesa, come un ingresso in carcere, la monotonia di tutto” Stessa cosa per Borges... e chi è quest’altro povero diavolo che ha perso il senso del Sè?:"Sono quest'albero. Albero, nuvole; domani libro e vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori vagabondo. Muoio ogni attimo, io, e rinasco di nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". E’ Pirandello nelle pagine finali di "Uno, nessuno, centomila" Introversi e estroversi, ognuno ha il suo orientamento forse scritto nel DNA. Tuttavia la superiorità numerica e l’agire rapido, perché non non riflessivo, permette agli estroversi di dominare la vita pubblica. Forse tale predominio è una perdita per tutti perché non possiamo escludere che gli introversi sono la minoranza nella popolazione normale, ma la maggioranza nella popolazione dotata.Bruno Vergani
Immagine: drawing di Paolo Polli "Lo spettro del tempo" per gentile concessione dell'Autore