Cinquecento persone nello stesso luogo, nessun pregiudizio di sesso, razza e opinione. Lì insieme, ognuno per quello che è in intima e collettiva armonia, indifferenti ai ruoli sociali, emancipati da personali opinioni, reciprocamente noncuranti del sapere e del reddito personale.Un rito collettivo autentico, dove si sperimenta fisicamente di appartenere a un popolo, all’umanità tutta e forse a qualcosa di più grande ancora. Dove ciò che conta è la propria umanità, così insieme ci si espande in silenzio, si va oltre sé stessi senza perdersi e la verità è lì tangibile, proprio perché non la si nomina e possiede. Non era un concerto rock e neppure un comizio a Mirabello, ma l’ultimo saluto ad un amico caro. Ma possibile che oggi per trovare un minimo di qualità del vivere insieme bisogna andare ad un funerale?