Tu sai cos’è bene e cos’è male, tu vuoi e puoi scegliere il bene e rifiutare il male. Certezze che, suppergiù, funzionano nei tribunali, ma non appena fuori da lì producono poco bene e tanti Io ipertrofici che, moralmente, tutto suppongono di sapere e di potere.
Per certi versi la concezione della grazia divina -se si potesse riferirla alla natura depurandola dalle dottrine teistiche che l’avvolgono- contiene come un nucleo di verità, perché vicina a quegli istanti rivelatori del significato della vita che ci arrivano, immotivati, improvvisi, immeritati, quando ci dimentichiamo di noi. Momenti epifanici preclusi ai titanismi egotici moralmente onniscienti e al merito personale dei volli, sempre volli, fortissimamente volli.