Curato da Orlando Franceschelli edito da Donzelli, il volume “Il cosmo e le sfide della storia” raccoglie scritti del filosofo tedesco Karl Löwith (1897-1973), allievo di Husserl e di Heidegger dai quali in seguito si distanziò. I testi proposti affrontano i percorsi filosofici e le correlate problematiche che hanno portato il mondo degli uomini a distanziarsi sempre più dal mondo della natura, fino al punto da affermare per il mondo dell’uomo una sua autonoma sussistenza ontologica.
Mondo umano fondato sul soggetto pensante, spirito sovrano produttore di storia e artefice di illimitato progresso, nella dominazione del mondo della natura, o nel suo oblio. Mondo della natura e dei suoi elementi che invece ci precede, al quale appartengono i funzionamenti biologici e le ordinate strutture fisiologiche che ci costituiscono, senza le quali non potremmo esistere, riflettere, trascenderci. Oblio della natura e tracotanza dello spirito umano che, con una brusca accelerazione negli ultimi due secoli, hanno prodotto da una parte esiti nichilistici e dall’altra costruzioni smisurate e disordinate, causa delle attuali crisi ambientali e socio-sanitarie, che stanno mettendo a rischio il futuro dell’umanità stessa.
Preceduti da una esauriente premessa del Curatore, che ci introduce nelle tematiche trattate nei testi di Löwith proposti nella raccolta, al contesto storico e culturale nei quali sono state elaborate e tracciando altresì, come in filigrana, il suo personale percorso di pensiero e di vita che lo ha portato, anche attraverso lo studio Löwith, ad abbracciare il naturalismo filosofico, del quale Franceschelli è oggi autore imprescindibile.
Nel volume sono proposti quattro incalzanti scritti di Löwith: “Mondo e mondo umano”, “Teilhard de Chardin. Evoluzione, progresso ed escatologia”, “La fatalità del progresso”, “La questione heideggeriana dell’Essere: la natura dell’uomo e il mondo della natura”, che per densità di contenuti risultano difficoltosi da recensire esaurientemente, più una appendice che riporta il discorso di Löwith in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte dell’Università di Bologna, dove possiamo apprezzare la sua umanità nelle singolari vicissitudini storiche nelle quali è stato protagonista e il suo personale rapporto di affetto con l’Italia.
Il primo testo “Mondo e mondo umano” è indispensabile per inquadrare il problema della scissione, sotto alcuni aspetti irrisolvibile, fra mondo umano e mondo naturale. Partendo dai presocratici che riconoscevano l’auto evidente primato del cosmo fisico sovrumano e autonomo, Löwith dipana i passaggi che ci hanno portato, passando dalla concezione di Dio creatore della rivelazione biblica, poi in parte trasferitasi nelle ideologie post moderne, a subordinare il mondo della natura al mondo degli uomini, fino al punto di “fondare la totalità degli enti a partire dall’autocoscienza umana” (pag. 54).
Nel testo a seguire Löwith si confronta col principio antropico di Teilhard de Chardin, che vede l’entrata in scena dell’essere umano nel contesto naturale, fenomeno così stupefacente da giustificare un progetto divino del quale l’umanità sarebbe evento centrale, vocata insieme alla natura a un ottimistico progredire senza soluzione di continuità verso un destino glorioso. Principio mistico-antropico che Löwith esamina costruttivamente e con rispetto prendendone, però, le distanze: “Ma con quale diritto noi parliamo di fonti di vita progredite, ossia più elevate e più perfette, e non soltanto di forme diverse e nuove se non pensiamo ingenuamente in modo antropocentrico e non presupponiamo noi stessi come fine dell’evoluzione universale?” (pag. 74).
Nello scritto che segue “La fatalità del progresso” partendo dal mito di Prometeo, passando dal tardo medioevo di Bacone per arrivare ai nostri giorni, il filosofo tedesco illustra i rischi conseguenti all’impossessarsi dell’utilissimo fuoco se utilizzato senza misura e prudenza.
Il capitolo “La questione heideggeriana dell’Essere: la natura dell’uomo e il mondo della natura” scritto in occasione dell’ottantesimo compleanno di Heidegger, è il più complesso e insieme il più semplice e stimolante. Complesso perché complesso è il rapporto personale tra i due, come testimonia il carteggio con Heidegger proposto da Löwith nella prima parte del capitolo. Semplice e stimolante perché nella seconda parte viene architettata una critica articolata nei confronti di Essere e tempo, dove Löwith nella imperante, antropocentrica, dimensione esistenziale di gettatezza vede scomparire la natura senza che ne sia data ragione. Da qui sviluppa una spiegazione diretta, semplice e più che convincente, di quanto sia irragionevole prescindere dalla natura, che necessariamente ci precede e ci costituisce. Occorre fare un passo indietro per comprendere questa sua diretta percezione dell’auto evidenza ontologica della natura, così scrive nel frammento autobiografico riportato a pagina 131:
“Io avevo studiato contemporaneamente filosofia e biologia, e già al ginnasio ero stato stimolato dall’insegnamento che mi veniva impartito in ambito biologico. Qui, indagando al microscopio il flusso protoplasmatico presente nei filamenti di un fiore e il movimento di alghe monocellulari e di infusori, scoprii per la prima volta quale meraviglia di organizzazione vi sia nella vitalità di un organismo. Quello che non trovavo nella problematica esistenziale-ontologica, era la natura – intorno a noi e in noi stessi”.
In effetti senza alcun bisogno di tirare in ballo complessi, e sovente arzigogolati, concetti ontologici o metafisici, basta il senso comune per constatare che totalmente costituiti da ordinati elementi naturali non ci siamo fatti da soli. Se le cose stanno così il concetto esistenzialistico di esistenza; ex-sistenza vale a dire di un essere che “può uscire da sé” trascendendo la natura, comporta una “ambiguità ontologica” che andrebbe colta e risolta. Per essere credenti o miscredenti, idealisti o esistenzialisti, bisogna prima essere vivi, evidenza sulla quale non possiamo glissare dato che siamo, sussistiamo ed esistiamo, grazie alla natura.
Löwith espone al riguardo osservazioni semplici quanto convincenti, anzi più diventano semplici più si rivelano convincenti, a iniziare dal perfetto restare in vita del nostro corpo nel sonno profondo, circostanza che interessa un terzo del nostro esistere; vita indipendente da ogni personale coscienza, spirito, volontà o pensiero individuale; nello stato di sonno profondo, come nello stato del sogno notturno, permaniamo naturalmente individui specifici senza necessità di sforzo e consapevole volontà. “Ugualmente [al sonno] non abbiamo memoria dei primi […] anni di vita, che pure sono così decisivi per tutto il successivo sviluppo umano.” (pag. 138). Un esistere che si auto sostiene per forza propria senza l’intervento di un io cosciente. “La stragrande maggioranza delle cose accade senza coscienza.” (pag. 141). Ci si potrebbe anche chiedere, prendendo amichevole distanza da Löwith: o forse la stragrande maggioranza delle cose accade grazie a una coscienza universale che tutto pervade?
In ogni caso non possiamo non rilevare che chi subordina la natura al proprio spirito umano, non lo potrebbe fare se il funzionamento naturale non gli facesse scorrere il sangue nelle vene. Sommo funzionamento, annota Löwith, che alla luce forma l’occhio, che regola la complessissima coordinazione del movimento del corpo e l’orientamento che indica a noi e alle rondini la direzione migliore. Effettivamente basta il semplice constatare la forza ordinata e affidabile che ci fa digerire la frittata senza bisogno di essere gastroenterologi per emanciparci da antropocentrismi, nichilismi e latenti gnosticismi, quelli che borbottano che siamo stati gettati, non si sa da chi, in un brutto posto.
Löwith si spinge, con ragione, oltre: “Non è possibile neppure pensare in base alla volontà deliberata di farlo: è necessario che qualcosa ci venga in mente involontariamente; i pensieri devono giungere come se ci fossero capitati in sorte” (pag. 142). Naturale funzionamento involontario eppure precisissimo, eppure affidabile.
Karl Löwith
Il cosmo e le sfide della storia
A cura di Orlando Franceschelli
Donzelli Editore
2023, pp. LVI-160.