Nel condurre dei corsi di erboristeria avevo constatato che nel comunicare informazioni strettamente scientifiche, come ad esempio illustrare i meccanismi d’azione terapeutici di certi eterosidi delle piante officinali, l’interesse dei partecipanti tendeva a scemare, mentre esponendo gli stessi contenuti con taglio diciamo così spiritualistico, tipo : “Paracelso vedeva nelle piante e anche nei minerali delle forze arcane dette quintessenze, principi attivi che potevano guarire come anche avvelenare”, ecco che alla maggior parte dei partecipanti riprendeva a scorrere il sangue nelle vene e l’interesse.
Possiamo osservare che oggi non pochi autori di libri scientifici che scrivono per il grande pubblico, riescono a rendere accattivanti tematiche difficili non semplificandole ma raccontandole con taglio spiritualistico, indizio che c’è una certa stanchezza per i riduzionismi scientistici e fame di essenze e di trascendenza, insomma di sacro.
In effetti siamo come degli uccelli che dualisticamente oscillano tra esistenza e essenza; dalla terra dell’esistenza temporale soggetta al razionale divenire sentiamo il bisogno di volare in misteriosi cieli di atemporali essenze immutabili. Siamo strani animali che necessitano di entrambi i paradigmi e se quello terrestre diventa totalizzante escludendo e precludendo quello celeste tendiamo a inaridirci, mentre se quello celeste rifiuta dogmaticamente il terrestre rischiamo di essere dei disadattati in questo nostro mondo.
Probabilmente dopo aver vissuto periodi di sbilanciamento verso il terrestre ora la gente vuole miti e essenze, ontologie e metafisiche. Ne ha così fame da diventarne ingorda e purtroppo onnivora, non di rado senza saper più discernere percorsi seri e dignitosi dalle assurdità proposte da cialtroni.