Appena dopo nati iniziamo a costruirci l’io, così da individuarci e funzionare con gli altri, e grazie agli altri, in questo mondo, ma, via, via, che si avvicina il momento di morire realizziamo che quell'entità tanto indispensabile che abbiamo costruito, denominandola io, risulta incompatibile coi funzionamenti universali che ci attendono dopo la morte del corpo, così per ben morire occorre smantellarla o perlomeno depotenziarla.
Non mancano strategie che ci risparmiano tutto questo costruire per poi distruggere, a oriente incontriamo narrazioni che non contemplano la costruzione dell’io, giudicato una illusione superflua, all'opposto a occidente incontriamo narrazioni di anime personali eterne che, dunque, non prevedono alcuno "smontaggio" dell'io che anche sfornito di corpo vivrà, sotto forma di anima, in eterno. Le prime non ci spiegano come sia possibile esistere in questo mondo impersonalmente, sprovvisti di identificazione e non differenziati, le seconde nel consolarci promettendoci un'anima individuale eterna entrano in collisione con le leggi di natura universali.
Forse più serio questo estemporaneo monta e smonta, anche se un po' tragicomico.