Molto si dice, e con ragione, dei drammi della solitudine e dell’introversa inerzia, poco della versione estroversa, un po' meno tragica però più comica. Quella di anestetizzarsi dandosi continuamente da fare nell’ossessiva convivialità a raffica, nell’iniziativa senza prendere fiato, nel divertimento obbligatorio, nella programmazione e produzione a oltranza.
Pedalando, pedalando e pedalando, come se il fermarsi contattando faccia a faccia la nettezza del puro esserci generi malessere per potenze traumatiche che potrebbe contenere.