L’interpretare Dio alla Feuerbach, prospettiva che vede Dio come un’umana proiezione e, dunque, una nostra personale creazione e non viceversa, più che una conclusione che liquida Dio per certi aspetti è una sorta di religiosità materialistica che apre scenari inaspettati.
Per entrarci si potrebbe forse iniziare con un nuovo ramo dell’antropologia che riveda filologicamente tutte le teologie - greco-romana, ebraica, cristiana e islamica - sostituendo il lemma “Dio” con “Io”, per poi (di quest’Io) dettagliarne l’essenza, provarne la sussistenza ontologica e definirne gli attributi. Confermata l’esistenza (l’Io c’è) occorrerà chiarire come sia saltata fuori dalle leggi che regolano il funzionamento naturale questa bizzarra entità increata ma creante.
Se invece, smentendo Feuerbach, si concluderà che l’Io non sussista, occorrerà essere davvero solidi nell’argomentare per dimostrarlo, mica è facile far fuori un’entità che empiricamente constatiamo tutti, ma più si sarà arguti nel negare l’io con autorale solidità dimostrativa e più si darà simultanea prova della sua sussistenza e potenza. Mistero di Dio: mistero dell’uomo.