Testimonianze di sopravissuti ai lager nazisti riferiscono di kapos che li colpivano a vanvera: uno si quattro no, poi due si in rapida successione e sei no. Succede ancora nei reparti di oncologia pediatrica e quando il salto di corsia di un autoarticolato sfracella chi passa in quel preciso istante proprio lì invece che un altro. Se quella mattina prima di partire gli fosse caduto il tappo del dentifricio nel lavabo avrebbe perso quei trenta secondi per recuperarlo e partito dopo sarebbe rimasto vivo ancora un po’.
La Polstrada con ordine razionale aveva indagato sull’incidente diagnosticando precise causalità lineari: eccesso di velocità del Tir e colpo di sonno dell’autista così, dal barbiere, i compaesani informati delle cause dell’accidente da un trafiletto di cronaca locale con a lato l’oscena foto del cadavere col lenzuolo sopra, avevano l’impressione di tenere la situazione sotto controllo: quella perfetta integrazione di ogni parte nel tutto anestetizzava la casualità elargendo sensazione di immortalità e poi, di fatto, la storia andava avanti anche senza quello lì: mica era invalidato il suo progresso, il suo costante sviluppo.
Lui era rimasto perplesso, lui era schiattato a capocchia e quella interpretazione mica lo convinceva. Non se l’è presa più del necessario, aveva il senso della misura e aveva appreso da tempo a non controllare: nato senza averlo chiesto, da genitori non scelti, in un paese inaspettato, con una sorella maggiore non richiesta e un nome che non avrebbe voluto anche se poi si è abituato.
Trasformato in un trafiletto non è entrato nella Storia e numerosi filosofi, al pari di giornalisti di provincia, permangono indifferenti alla sua vicenda universale. Giacché a me l'esposizione all'imponderabile interessa forse meglio che non perda più tempo con loro.