Testimonianze di sopravvissuti ai lager nazisti riferiscono di kapos che colpivano senza motivo i prigionieri disposti in fila indiana. Botte da orbi all’improvviso, a vanvera: uno si quattro no, poi, dopo una pausa di dodici prigionieri, inopinatamente venivano colpiti altri tre in rapida successione. Samuel Beckett una notte fu accoltellato per strada da un clochard, dopo la convalescenza andò a trovarlo in prigione per chiedergli: “Perché l'hai fatto?” “Non lo so” rispose l’aggressore, proprio come quando il salto di corsia di un autoarticolato uccide a caso la giovane madre che passa, in quel preciso istante, proprio lì, quando transita sulla superstrada per andare al lavoro mentre ascolta il radiogiornale; se gli fosse caduto il tappo del dentifricio nel lavabo avrebbe perso quei trenta secondi che gli avrebbero salvato la vita, invece il tappo è rimasto al suo posto. Oppure un cancro che ci porta via il giovane amico; poteva portare via un altro invece ha portato via proprio lui, così, a capocchia. Invece suo nonno, di quasi novant’anni di pessimo carattere, sta benissimo con i suoi tre by-pass e un carcinoma alla vescica che è guarito completamente, così, a capocchia, contro il parere dei sanitari che gli avevano sentenziato sei mesi di vita.Comunque diagnosi mediche preventive, meglio se precoci, prudenza ed osservanza del codice della strada e anche l’informarci sull’ aspettativa media di vita di quelli che abitano dalle nostre parti sembrano anestetizzare la presenza del kapo, anche se di fatto lui indifferente alla statistica, alle diagnosi precoci di malattia e anche all’osservanza del codice stradale è comunque lì, potenzialmente lì, sempre lì.Consapevoli dell’impossibilità di eliminarlo tentiamo almeno di razionalizzarlo, perché non esiste nulla di più scocciante di una dipartita cruenta, prematura, senza motivo, così, a capocchia.Ci vogliono le filosofie classiche, le metafore e anche le religioni per ammansirlo un po’, magari dandogli un nome: Moira, Destino, Fato; sempre pazzo e imprevedibile rimane il kapo ma almeno sappiamo come si chiama. Possiamo chiamarlo Karma: la sua legge di causa effetto rende più umano il dolore trasformando nullificazione e caso in esiti e risultati. Chiamiamolo Sfortuna, se siamo pigri, oppure Mistero se crediamo nel Dio italiano, quello buono e misericordioso, Lui probabilmente ci consentirà di interpretare l’assurdo e l’imperscrutabile come “coincidenze assolutamente singolari” e, a Suo dire, proficue.Forse meglio la noncuranza, può darsi che se ignorato il kapo non si accorgerà di noi. Chissà?