La verità c’è, è una, è certa, univoca, precisa e pure eterna. Così al convegno ecclesiastico attaccano il relativismo culturale ed etico, malattia mortale della nostra epoca. L’oratore butta lì rigoroso la citazione del Cardinal Ratzinger, che due giorni prima di diventare Papa aveva affermato: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. Lì sotto il palco si conoscono tutti e la pensano allo stesso modo, credono da tanto tempo a tutto quello che l’oratore sentenzia. Terminata l’arringa contro i pagani adoratori del proprio io e delle sue voglie, il conduttore invita la platea dei fedeli ad intervenire. Prolungato silenzio, il “dibattito” non si accende, dal gregge silenzio e impaccio; imbarazzo inevitabile per l’intrinseca contraddizione del chiedere chiarimento, integrazione, delucidazione sulla verità stessa per sua natura piena, indiscutibile e non negoziabile. Porre domande libere e oneste suonerebbe come un’implicita contestazione al dogma, una sorta di tradimento. Invitati ad intervenire i fedeli appaiono tesi, rapiti in un cortocircuito metafisico: devono pur dire qualcosa, ma davanti alla verità cosa chiedere? Perché chiarire? Cosa puntualizzare? Di fronte alla verità unica e assoluta le domande personali scompaiono e il pensiero agonizza annichilito. Concentrati, esausti nel tentativo impossibile d’inventarsi un qualcosa di non ingessato che abbia perlomeno una parvenza dialettica, finalmente uno alza timidamente la mano e testimonia, con esempi di vita personali mischiati a citazioni dei testi canonici, che la verità espressa dall’oratore è vera per davvero. Un altro, più temerario, butta lì una domanda, la voce trema sa che sta camminando sulle uova, se le rompe potrebbe suscitare il disappunto del conduttore e dell’assemblea tutta, di Dio stesso, alla fine però si rilassa perché è riuscito a porre un quesito conforme, incollato alla verità convenzionale e alla sensibilità di chi ha deciso le regole; la domanda giusta, quella che fa centro, la domanda all'altezza, la domanda adeguata, la domanda perfetta: quella che contiene già la risposta conforme alla verità eterna e indiscutibile, così riceve approvazione e questo lo conferma, nessuno parla più. Il suo è stato il secondo ed ultimo intervento. Nel tornare a casa si sente soddisfatto per quanto ha detto e del consenso avuto e nel contempo avverte un po’di struggimento per i lontani, per gli infedeli d’Occidente, umanità infelice e schiava perché rifiuta la verità, l’unica verità, che lui invece conosce e accoglie. Poveri uomini tutti quelli che non la pensano come lui, che non credono a quello che crede lui, uomini smarriti, miseri e schiavi del proprio piccolo io e delle sue voglie. Peccato, se l’avessero accettata la sua verità, che è quella vera per davvero, sarebbero invece umanamente realizzati e traboccanti di libertà proprio come lui.