Ho un po’ di nostalgia di quando i figli erano piccoli e raccontavo storie, apprezzavano quelle dell’orrore, così ne inventavo ogni sera di nuove. Chiedevo di che grado preferissero l’orrore: “Piccolo, medio o terribile”. Optavano per il terribile. Iniziavo il racconto ignorando la storia, guidato da un suggeritore interno. Prima arrivava il titolo: “La dama bianca”; poi la storia: femmina di mezza età annegata in una cisterna, che la notte sotto forma di spettro, vagava nel giardino di casa nostra ed entrava nel letto di grandi e bambini. Era fredda, di un freddo che non esiste su questo pianeta.“Il Donno di casa” era invece uno spettro gigante, metà uomo metà donna, che al tramonto aspettava i bambini all’ingresso della camera da letto per rapirli. Particolarmente apprezzata era “La matrigna”, femmina di mezz’età che inseriva insetti nelle orecchie di bambini orfani di madre, un classico popolare. I pargoli soffrivano d’emicrania perché formiche, ragni e millepiedi scavavano gallerie nel loro cervello, finché un giorno il padre scopre la malvagità della matrigna, la uccide e salva i bambini. Ero attento anche alla scenografia, di giorno lucidavo mele che nascondevo nei cassetti, così la sera davo prova del passaggio della strega, o mettevo insetti in vasi di vetro, così potevo mimare la matrigna col millepiedi vivo nella mano: “Ecco vedete bambini, la matrigna faceva così…” Se arrivava un temporale facevo entrare tuoni e saette nella storia: “Avete sentito il tuono? Il Donno di casa sta arrivando davvero, attenti arriva!” Talvolta erano lì per spaventarsi più del dovuto, allora in corso d’opera rendevo più rassicurante la trama. La sera dopo chiedevo: “Volete la storia di orrore piccolo, medio o terribile” loro optavano per il terribile, se proponevo “orrore piccolo” frignavano. Così ho imparato che il fascino dell’orrore esiste davvero, innato come il peccato originale.