BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Sabato, 13 Maggio 2017 09:30

Detto o scritto?

Scrivere o parlare? Per quanto vedo sono indispensabili e non in contrapposizione i due modi, quello del dire-ascoltare-rispondere e dello scrivere-leggere. Chi scrive legge, basta sfogliare un saggio di Montaigne per rendersi conto che sta dialogando in forma scritta con amici di percorso e col lettore. Dunque le due modalità, mi sembra, poggino entrambe sull’Altro.

Grazie a Duccio Demetrio ho, tuttavia, appurato quanto lo scrivere si riveli, anzitutto, utile proprio a chi scrive, grazie ai tempi necessari e alla specifica fisicità dell’atto, tastiera inclusa, lì un pensiero nebuloso si chiarisce e ne stimola altri, non a caso solitamente si scrive in modo differente da come si parla. Anche il dialogo orale ha i suoi vantaggi (e svantaggi): basta e avanza che soli in una stanza entri un altro e il nostro corpo-pensiero muta. C’è poi un altro aspetto da valutare, talvolta un testo scritto può toccare nel vivo più della parola detta, basta partecipare a quei festival filosofici dove la star di turno pontifica dal palco, senza possibilità di interloquire, per rendersene conto.

Ma il vero problema è questo: oggi chi vive con l’urgenza di filosofare dialogando oralmente deve mettere in conto una sorta di eremitaggio, ad esempio la settimana scorsa mi sono incaponito di fronte ad un ulivo nel chiedermi: “Ma perché c’è invece di non esserci” e nel confrontarmi sul quesito l’interlocutore capitatomi a tiro mi aveva (comprensibilmente) guardato perplesso, così il quesito metafisico non mi è rimasto che affrontarlo pensandolo e scrivendolo in (apparente) solitudine.

Quanto ho “detto” in questo disordinato intervento è scrittura o dialogo, testo o parola, vergare o discorrere? Sicuramente il WEB stempera le suddivisioni con sviluppi presenti e futuri tutti da indagare.

Pubblicato in Filosofia di strada
Martedì, 09 Maggio 2017 23:15

Il fronte interno

Alla notizia che un ex membro di un gruppo tradizionalista cattolico aveva intentato causa giudiziaria, per supposta subita perdita dovuta ad assoggettamento, contro i responsabili della comunità religiosa alla quale apparteneva, avevo avvertito una stonatura.

Vero che quando un’esperienza viene valutata, a priori, giusta e utile, ma poi, vivendola, si riveli errata e severamente dannosa, è cosa buona, giusta e legittima, esprimere la personale motivata critica, anche pubblica, dimodoché se un qualche sprovveduto si trovasse all’ascolto non vada, per equivoco - sbagliare significa scambiare una cosa per un’altra - a infognarsi da quelle parti. La dinamica assomiglia al modello matematico validato con una fase di verifica attraverso un numero adeguato di dati sperimentali pubblicati.
Nondimeno alla larga da cause giudiziarie contigue al “soddisfatti o rimborsati”, è cosa altrettanto buona, giusta e sana, l’imputabilità[1] di chi si era infognato, beninteso se soggetto libero, capace di intendere e volere[2].

Onorare ossessivamente il primo fronte glissando completamente sul secondo[3] è ostentare al mondo la propria imperdonabile sciocchezza, e passata, e presente.

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1 Lacan nei colloqui preliminari all’analisi, dava cruciale importanza a ciò che definiva “rettificazione soggettiva": se un soggetto non riconosce preliminarmente che c’è una sua possibile responsabilità nella sofferenza che lo affligge, riconoscendosi, dunque, soggetto invece che oggetto, sarà precluso un percorso di guarigione. Così spiega Massimo Recalcati: « Occorre, dunque, il riconoscimento che nella sofferenza di cui si lamenta, che egli non è solo la vittima di qualcosa che lo affligge o che lo opprime, ma che in questo essere afflitto e oppresso egli riconosce una qualche sua implicazione, una sua qualche responsabilità ».

2 Spero di essermi spiegato, ma a scanso di equivoci ricordo che nel caso di specie d’innocenti minorenni è cosa buona, giusta, oltreché sana, che si auto-imputino i genitori. Nel caso di palese costrizione e violenza, di minori o di adulti, è evidentemente imputabile sempre e solo il carnefice.

3 Quando una relazione termina, il dire peste e corna dell’ex partner è in fin dei conti affermare la propria sprovvedutezza, se si insiste feroci e a oltranza è sottolineare la propria totale deficienza: legge direttamente proporzionale dato che, proprio quello, o quella, si era scelto tra mille.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Lunedì, 08 Maggio 2017 08:57

Aggio fatto na pensata

Quando stando sul pezzo sorge sul momento un pensiero congruo e preciso preferibile non gasarsi così da universalizzarlo - ossia passaggio da pensiero a teoria - :

trascorso manco un minuto o spostandosi anche solo d’un metro tanta precisione potrebbe collassare di brutto.  

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 06 Maggio 2017 09:55

Mistica levantina de Noantri

Per emanciparsi dall’antropocentrismo e risolvere il suo dolore e quello del mondo aveva imboccato una strada verso Est, percorso il primo tratto s’era tanto scentrato da ritrovarsi fuori uso e fatto il secondo non esisteva più. Obiettivi raggiunti.

E' come far passare ogni dolore e qualsiasi sofferenza con un colpo di pistola alla tempia. Funzionamento istantaneo, risultato completo, successo garantito.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Giovedì, 04 Maggio 2017 11:24

Corpus Domini 2.0

Scelta ortodossa che il centro commerciale stia solennemente aperto a Pasqua e Natale, Epifania e pure Assunzione della Madonna, sarebbe un palese controsenso se la novella cattedrale chiudesse proprio nelle feste di precetto.

I vecchi Ministri soppiantati dal nuovo culto non tengano il broncio nelle loro cattedrali vuote, in fin dei conti è il minimo sindacale che si meritano.

Pubblicato in Sacro&Profano
Mercoledì, 03 Maggio 2017 13:07

Bufala orientale

Se corrispondesse al vero che l’atto dell’umano pensare fosse nient’altro che proiezione di memoria, come qualcuno sostiene a Oriente, i computer ci avrebbero già completamente surclassato da un po'.

Nel frattempo, in attesa di verifica, forse meglio diffidare di tale teoria.

Pubblicato in Filosofia di strada
Lunedì, 01 Maggio 2017 18:15

L’indagine

Manco un esponente della New Age che abbia paura di morire, davvero nessuno!

Urge che ‘sta baldante nonchalance sia investigata: inverosimile che da quelle parti siano tutti perfetti deficienti di certo avranno scoperto un compiuto quid risolutivo...

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Sabato, 29 Aprile 2017 09:43

La fattispecie smarrita

Quando citando Kierkegaard si afferma che l’essenza del cristianesimo consiste nell’inserzione salvifica dell'eternità nel tempo operata da Cristo e riferendosi a Guardini si rincara proclamando che non è la comprensione di Dio l’estremo del cristianesimo bensì l'Incarnazione, si dice in apparenza molto ma di fatto niente se ci si ferma lì, in quanto tale concezione può produrre di tutto, da san Francesco a l’Inquisizione.

Pubblicato in Sacro&Profano
Venerdì, 28 Aprile 2017 11:55

Breve invito a infrangere il tabù

Il titolo del prossimo Meeting di Rimini «Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo» - estrapolato dal Faust di Goethe - apre e stimola articolate riflessioni e il correlato scritto di presentazione esprime una variazione di prospettiva dal passato di Comunione e Liberazione, svolta semioticamente testimoniata  da una ventina di punti interrogativi vergati nello stringato documento. Nell’affrontare le sfide dell’oggi si propongono domande invece che risposte in un aperto «dialogo reale dove condividere la ricchezza e la bellezza di cui ognuno è portatore con la sua storia e la sua esperienza, perché si possano intravvedere insieme percorsi possibili di costruzione condivisa».

Netto, dunque, lo scostamento dall’esaltata ecclesiologia giussaniana che invece di domandare al mondo per rispondere insieme entrava a gamba tesa con paradigma medievale nel post moderno proclamando: «La gioia più grande della vita dell’uomo è quella di sentire Gesù Cristo vivo e palpitante nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore. Il resto è veloce illusione o sterco». Concezione identitaria che nel porsi si oppone alla stragrande parte dell’intera umanità e di tutta la sua storia.

Svolta all’interno di CL tutta da chiarire ed elaborare visto che da una parte si prende obliqua distanza dalle esaltate concezioni di Giussani e nel contempo lo si vuole fare santo[1]. Alla larga da criptici parricidi e pirotecnici proclami di santificazione forse opportuna una rispettosa quanto pubblica e puntuale pars destruens del pensiero del fondatore. Senza una parresia che infranga il tabù della sacralità del padre si erediterà, riguadagnerà e possederà ben poco.

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1 Non possiamo escludere che le due posizioni, in apparenza opposte, siano generate da una medesima matrice, visto che sublimazione e rimozione sono processi limitrofi che nascondono “spostando”.

Pubblicato in Sacro&Profano
Martedì, 25 Aprile 2017 11:40

La patata bollente

Disse loro: «Voi chi dite che io sia?» (Matteo 16,15).
Si potrebbe interpretare quell' “io”, sul quale poggia il quesito, metafora del nostro io, dell’altro, dell’accadimento dell’universo con tutto ciò che contiene, della natura, della storia, dell’umano pensiero, di un possibile Dio.
Siccome non so chi io sono e manco tutto il resto, avrei replicato: «E tu chi dici che io sia?»  

Pubblicato in Pensieri Improvvisi

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