Capirsi?
Bella cosa capirsi ma più difficile di quel che appare. L’evento comunicativo, che permetta comprensione, necessita di indeclinabili elementi e un preciso procedere: un soggetto emittente; un messaggio che si riferisca a qualcosa di sensato e un soggetto ricevente che, usufruendo del canale utilizzato dall’emittente (voce che dice parole, scrittura, oppure gesti ed espressioni del corpo) riceva il messaggio comprendendolo per mezzo di codici condivisi dalle parti (parole con significato che costruiscono frasi, come anche suoni che fanno musica).
Se manca un solo elemento la comunicazione si interrompe o corrompe, problema ripristinabile parlando uno per volta mentre l'altro ascolta, oppure modificando canali e codici che veicolano il messaggio: se l’emittente parla con volume di voce troppo basso dovrà alzarlo, o se usa termini specialistici che il ricevente non sa dovrà sostituirli con termini più comprensibili anche se meno puntuali, in alternativa il ricevente dovrà apprendere il significato dei termini utilizzati dal soggetto emittente, per questo hanno inventato i dizionari, strumenti utili per migrare dalla condizione di oggetti a quella di soggetti: “Ogni parola non imparata oggi è un calcio in culo domani” (don Milani).
Tutti problemi risolvibili a condizione che la comunicazione non sia distorta in partenza e/o deformata all’arrivo da interferenze ideologiche spinte, da latenti voragini e fissazioni psichiche, o da nodi e fardelli autobiografici che pre-giudicano il messaggio veicolato, che potrebbe partire senza che l'emittente sappia ciò che dice e specialmente perché (davvero) lo dice, o per gli stessi motivi venga mal interpretato quando giunge a destinazione. Qui senza l’intervento di una buona filosofia o di una spietata indagine psicoanalitica che risolva l’ambaradam ermeneutico non c’è forse soluzione alla Babele.
Superato anche quest’ultimo ostacolo -ipotesi ottimistica dato che non possiamo escludere che i vizi suesposti si sommino invece di essere, di volta, in volta, aggiustati- la comunicazione non sarà, comunque, possibile se il ricevente abita in tutt’altro paradigma dell’emittente, ad esempio se un soggetto emittente che poggia il suo vivere sull’ontologia di Severino pretenda di comunicarla a soggetto ricevente membro dell’Inter club di Lambrate, è improbabile che la comunicazione vada a buon fine. In questi casi di solito va a finire che il soggetto ricevente, senza considerare che possano esistere altri e differenti regni oltre all'unico che conosce (limite che nel caso di specie è anche del mittente), reagisca al messaggio come la rana di Galvani sgambetta per impulso elettrico con un rifiuto istantaneo e assoluto del messaggio ricevuto, giudicando il soggetto emittente strambo (come dargli torto?) e deficiente. Andrebbe bene così se il processo, quando sistematicamente ripetuto, non causasse un appiattimento generale verso il basso. Eppure anche in questo caso il soggetto emittente, se proprio ci tiene, potrebbe ripristinare la comunicazione esponendo l’ontologia di Severino attraverso metafore calcistiche, attuando una severa rimodulazione del codice linguistico, vettore del messaggio, nel tentativo di traslare il messaggio dal suo paradigma a quello dell’Inter club di Lambrate per mezzo di metafore e parabole, stile Gesù che diceva cose somme parlando di grano ai contadini, di reti ai pescatori e di pecore ai pastori. Che fatica!
Astuzia strategica
Se fossimo capaci sorprenderemmo con strategia astuta porgendo l’altra guancia, lasciando anche il mantello a chi vuol portarci via la tunica, percorrendo con diabolico piacere due chilometri se ci costringono a farne uno. E chi lo ferma uno scaltro così? Più lo ostacoli più lo promuovi, più lo denigri più lo esalti, più lo depredi più incrementi il suo potenziale bellico.
Zappa metafisica
Finalmente il momento giusto per leggersi tutto Il Capitale o per scrivere un libro, invece anche se il tempo abbonda una misteriosa inibizione, forse biologica, impedisce che l’intenzione divenga atto. Può darsi che sia lo stato di coercizione a non favorire l’iniziativa, oppure è il pensiero che rode per quelli che sono messi peggio a consumarci l’energia, o forse è lo stato di provvisorietà che attende conclusione in un limbo d'incantesimo paralizzante.
Per venirne fuori occorre entrare in un altro regno, zappare le fave (per chi può) è un buon modo per entrarci.
Post teismo
Un buon modo per rivalutare aspetti del mito d’Iddio persona, è quello di frequentare un gruppo post teista impegnato a spaccargli la faccia, rompendola così anche agli esseri umani ai quali il mito è connaturato. Asfaltati i connotati del suo volto rimarrà il mistero dell’essere, mistero post teistico quanto post umano, indicibile perché vuoto. Nel deserto ottenuto ecco il desiderio di amore con i propri simili che smitizzato prende petulante forma volontaristica-precettistica, reattiva, strabica.
Proficuo è il superamento ragionato delle dottrine confessionali, ma zeppo di insidie è l’ideologico post teismo.
Insomma Dio
Nell’osservare nello stagno il fior di loto ripartire vidi che era cosa buona. E fu sera e fu mattina. Anche senza questo delirare, un'occhiata al geranio sul balcone può portarci in migliore paradigma.
Scenari
Anche l’orizzonte più distante limita e circoscrive lo spaziare della visione, per vedere cosa c’è dietro forse utile un chiostro.
Risveglio
Verosimilmente già prima di nascere e anche dopo morti e di sicuro ogni notte nel sonno profondo, rifuggiamo la razionalità sospendendo il pensare per sprofondare nell’indicibile essenza del mistero dell’essere. Giunto il giorno, nel poco tempo di veglia e di vita che ci rimangono, forse meglio dedicarci ad altro.
Parola di Dio, parola di uomo
In un certo senso il teismo[1] è una forma (fortemente) romanzata, a tratti fumettistica, del deismo[2], così sotto certi aspetti il deismo è una narrazione interpretativa del naturalismo[3] e va bene così: in fondo anche il naturalismo non progredirebbe se si limitasse a una sistematica smitizzazione del mondo, stilando una cronaca dell’esistente incapace di elaborare storie -sperimentalità speculativa- da verificare.
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1 Riconoscere Iddio persona, creatore che si rivela al mondo e lo governa remunerando meriti e demeriti in un’altra vita.
2 L’umana razionalità che coglie la divinità -entità perlopiù indifferente alla sorte degli uomini- nell’immanente ordinamento dell’universo naturale.
3 Inteso grossolanamente come primato della natura causa di sé medesima e della scienza.
La fava
Se già una semplice fava contiene, ereditato, il perpetuo processo di inizio-svolgimento-conclusione-riinizio, ne abbiamo di ragioni per non considerarci segmenti mortali.