KRANZ
di e con Bruno Vergani
drammaturgia e regia Vincenzo Todesco
Un uomo di circa 73 anni. Kranz. Barba non rasata. Camicia bianca stazzonata e sporca, con panciotto e pantaloni neri. Calzini marroncino. E’ su una vecchia poltrona semisfasciata. Non si vede all’inizio, perché è coperto da un telo liso e qua e là con tracce evidenti di sporco. Il vecchio ne è completamente coperto, sbadiglia, ne emerge togliendoselo di dosso. Si è svegliato. Si guarda attorno. Sorride. Ai due lati o della poltrona un cesto, ed un catino. In una cornice una radiografia. L’uomo si sporge e prende dal cesto uno yogurt ed un cucchiaino. Apre la confezione e si mette a mangiare lo yogurt. Parla.
Bene. Bene. Raramente penso al passato. (Ingurgita un cucchiaino di yogurt) Quando riuscivo ancora a vivere con me stesso. (Yogurt) Cercavo Dio, ma siccome era difficile trovarlo l’ho cercato nella religione. (Yogurt) Sono diventato monaco. Un massacro (Finisce lo yogurt e succhia ben bene il cucchiaino per pulirlo). Chissà perché ho resistito per cinque anni (Depone nel cesto yogurt e cucchiaino e prende un tovagliolo). (Pausa) Però una cosa mi piaceva. (Si pulisce gli angoli della bocca) La compassione. Aiutare gli altri. (Sorride). Così quando ho incontrato una ragazza che aveva bisogno di aiuto l’ho sposata. Dopo quindici anni, quando si è ripresa, mi ha massacrato. (Medita). Beh…beh (Estrae dal cesto uno spazzolino da denti) Ex monaco. (Estrae dal cesto un tubetto di dentifricio) Ex marito. (Mette un po’ di dentifricio sullo spazzolino, richiude il tubetto e lo ripone nel cesto). Però un modo l’ho trovato per tirare avanti (Estrae dal cesto una bottiglia d’acqua) Il lavoro. E l’abitudine (Estrae dal cesto un bicchiere, versa acqua nel bicchiere, vi immerge lo spazzolino ) Un giorno ho letto di un vecchio tabacchino indiano che diceva che noi non siamo nati (Comincia a lavarsi i denti).Quello che è nato è solamente il corpo (sputa nel catino), che non c’entra per nulla con quello che siamo veramente. (Continua a lavarsi i denti, si sciacqua la bocca e sputa nel cestino.) Diceva che noi siamo coscienza. Energia eterna. Onnipervadente (Ripone lo spazzolino nel cesto, prende dal cesto un astuccio per occhiali. Lo apre ed estrae un paio di occhiali. Si mette a pulirli con uno straccetto.) Il tabacchino diceva che soffriamo per un equivoco perché crediamo di essere il corpo invece che la coscienza impersonale. Beh… (Guarda attraverso le lenti per vedere se sono pulite bene) . Un po’ mi secca accettare che come persona non esisto. (Si ferma. Pensa. Sorride) Forse è meglio come dicono i cattolici, andare all’ inferno per l’eternità ma con l’io pimpante e integro. (Sorride) Però che leggerezza staccarsi dalla propria storia. (Mette gli occhiali) Vivere senza pensiero. Senza memoria. Senza giudizio. Vivere senza me stesso. Beh…beh…(Estrae dal cesto un giornale evidentemente molto vecchio). A volte mi succede di avere un picco di consapevolezza che mi libera da me stesso. Dura poco. Quanto basta per osservare il carnevale nel quale mi trovo per essere nato senza averlo chiesto.(Ride leggermente) Mica male, il picco. Niente male. (Sospira. Apre il giornale e cerca una notizia) Il problema è che se ci si sforza il picco non arriva. Viene da solo, così, senza motivo. Non si deve fare assolutamente nulla (Abbassa il giornale sulle ginocchia) Ci vuole uno stato mentale come quello che viene spontaneo quando defechiamo. Una mente serena, un po’ assente, staccata e indifferente. Allora il picco potrebbe anche arrivare (Riprende il giornale) Beh…beh… (Trova la notizia) Ah! Ecco! (Legge)“Asportato al Policlinico Gemelli di Roma un calcolo renale con una tecnica innovativa. L’équipe del prof. Moro ha eseguito per la prima volta in Italia un intervento di frammentazione ed aspirazione di un calcolo renale di 100 millimetri con la tecnica made in USA del laser abbinato ad una cannula aspiratrice. L’innovativa tecnica permette di evitare la asportazione del rene, fino ad oggi ritenuta necessaria nei casi di calcoli superiori ai 70 millimetri. Il paziente, un uomo di 60 anni, si era rivolto… (Smette di leggere. Abbassa il giornale, lo piega e lo mette nel cesto. Si toglie gli occhiali). Bene… bene… 100 millimetri… Ultimamente mi sono ammalato. Il tabacchino avrebbe detto: “io osservo questo corpo che si è ammalato”, beh in ogni caso si è formata una pietra di 80 millimetri dentro il rene. Quello sinistro. (Ripone gli occhiali nella custodia, poi il tutto nel cesto). ( Pausa) Gli amici per aiutarmi mi hanno rivelato che le malattie sono generate da blocchi interiori. Parlano di psiche, di anima per spiegarmi che mi sono ammalato per colpa mia. (Pausa) L’altr’anno avevo piantato dieci meli in filare. Uno ha preso il verme ed è morto. Non so se è stata colpa sua. Forse sì. (Inspira, trattiene il respiro e si palpeggia il fegato, espira. Preme un interruttore e una luce illumina la radiografia). (Pausa) La mia radiografia. In una radiografia si vede una persona in trasparenza. Si vede dentro. Si vede tutto. Però non c’è niente di particolare da vedere. Potrebbe essere quella di un cadavere. Potrebbe essere quella di un altro. I corpi, mio o tuo, vivo o morto, dentro sono tutti uguali. Anche i respiri sono tutti uguali. Qualcuno continua, qualcuno cessa, qualcuno inizia. (Pausa. Si dondola leggermente, ad occhi chiusi) A volte, molto tempo fa, frequentavo cerimonie con nativi americani che avevo incontrato per caso. Con loro ingurgitavo nottetempo piante psicotrope attorno ad un fuoco. Quando la sostanza andava in circolo il corpo vomitava. (Si arresta, Apre gli occhi). Lo sciamano spiegava che succedeva perché il corpo si purificava. Nella notte non consideravo che il vomito era provocato dalla tossicità delle piante. Mi sentivo davvero bene. Ritornava il picco. La consapevolezza… Poi quando la sostanza era smaltita tutto passava e mi ricordavo ancora il mio nome e tutti i nomi che il creatore ha inventato per differenziare le cose e divertirsi a giudicarle. (Estrae dal cesto un orologio da tasca. Lo carica. Lo porta all’orecchio. Riprende a caricarlo. Sorride). Anche mio padre è morto dopo una vita degna… dove va la fiamma della candela quando l’abbiamo spenta? (Pausa) Non ho chiesto di nascere. (Pausa) Non mi ricordo di essere nato (Pausa). Figli, genitori, amici, io…tu…loro. Io…tu…egli…noi…voi, pronomi personali dentro una goccia di sperma. (Pausa). La mamma. (Pausa) Da morta era più dolce (Pausa). Anche lei ha avuto i suoi problemi e molto peggiori dei miei. Tutto è successo perché non poteva fare altrimenti. (Pausa) Non c’è nulla che devo perdonare. (Pausa) Ho preferito non vederla morta dopo l’incidente. Però, senza volerlo, avevo visto una sua scarpa incastrata nelle lamiere contorte e mi era venuta un po’ di nausea. (Pausa) Papà una settimana dopo l’incidente ha detto : E’ come quando si picchia il gomito, fa molto male ma dura poco. Era il suo modo per tenersi su. (Pausa) Anch’io ho avuto il mio modo per tenermi su, ho pensato che tutte le sue omissioni, controlli, ambiguità, doppi legami mi hanno permesso di diventare più autonomo e sensibile. (Pausa) Però che fatica quando nella vita ho avuto a che fare con le donne… e adesso? (Pausa) Adesso è troppo tardi, il gioco è per fortuna chiuso, da tempo. (Pausa) Va bene così, mamma. Ti voglio bene così come sei stata. (Pausa) Ora puoi andare. (Pausa) Anch’io posso andare?… (Pausa) Non che abbia un posto particolare dove andare. Sto bene qui. Mi va bene così. Si, lo so, gli amici ben intenzionati mi dicono che non va bene così. Che bisogna darsi da fare. Essere attivi. (Pausa) E perché? Per raggiungere che cosa? Per arrivare primi alla fine del viaggio dove arriveremo comunque tutti? Strana gara. (Pausa’) Strana vittoria. (Pausa) Ma guardate i gigli del campo e gli uccelli del cielo, lo dice Gesù, sono così perfetti non si preoccupano del futuro; Salomone nella sua gloria non aveva un oggetto così perfetto e prezioso come i gigli che crescono spontanei nei campi. (Pausa) Ma lasciatemi in pace. (Pausa) Ma lasciatemi tranquillo (Pausa. Si china per raccogliere la coperta.) Mah. Forse hanno ragione loro… Forse hanno ragione loro. (Sbadiglia, si ricopre completamente con la coperta e si riaddormenta. Buio)