Sinossi : Bari luglio 1999. Un corpo in un appartamento. Stava lì mummificato da dieci anni, ma nessuno si era accorto di vivere vicino ad una mummia.La notizia di cronaca conduce il protagonista ad indagare sul significato ultimo dell’esistenza. "Entronauta" note di regia di bruno verganiSettembre 2001 Turchia. L'amica Isabella Di Soragna adocchia in una camera d'albergo una vecchia pagina di Panorama. Legge e la conserva. Al ritorno nella sua casa in Svizzera mi invia il soggetto dell'articolo:Vito Carella, l'uomo che fu trovato morto dopo cinque anni - per la sua vita 'insignificante' .Isabella aggiunge "per me con un valore immenso !" Non comprendo più di tanto, ma spinto dalla stima per Isa ed intrigato dalla strana storia sospendo i consueti impegni quotidiani per affrettarmi nella ricerca in Internet. Pochi secondi e dall'universo WEB appare il testo integrale. Racconta della scoperta avvenuta a Bari nel luglio del 1999 di un corpo in un appartamento. Stava lì mummificato da cinque anni, forse dieci. Ma nessuno si era accorto di vivere vicino a una mummia. Evidente lo squallore delle nostre città, dei palazzi, dei nostri sguardi egoisticamente assenti che scivolano distrattamente su una vita o una morte.Prendo parte allo sdegno, ma subito mi fermo perplesso. Vito Carella non voleva essere cercato, guardato o catalogato all'anagrafe. Forse per lui questa rarefazione é stata una libera scelta. Non ha inscenato drammi come quella ragazza di 26 anni di Seattle, Stato di Washington, che voleva suicidarsi, buttandosi giù da un ponte, ma non ne aveva il coraggio. Quattro ore è rimasta sulla spalletta del ponte, dritta in piedi, tremando e piangendo. La polizia non sapeva come fermarla, aveva bloccato il traffico, incanalando le auto su una sola corsia. Ebbene: i guidatori di queste auto, rallentate dalla suicida, imprecavano: "E buttati subito, falla finita, ma lasciaci passare". La stessa polizia dice di aver provato vergogna. Dopo quattro ore la ragazza s'è scagliata giù, quaranta metri di volo. Ossa, braccia, gambe rotte; è in coma, non si sa se vivrà. Per Vito è invece un'altra storia. E' stato proprio lui a voler vivere e morire così, per niente avrebbe voluto zelanti assistenti sociali a sorreggerlo o i parenti ad infastidirlo.Non procurava molestia alcuna per questo nessuno desiderava escluderlo o ghettizzarlo. E' stato lui a scegliere di diventare invisibile.Questo suo morire da vivo non è evidentemente sanabile esortandoci a diventare più solidali. Neppure biasimare il contesto sociale risponde al giudizio che da quella salma si diffonde implacabile, come il suo puzzo, su tutti noi.Il caso esige risposte radicali e intimamente sovversive.L'omino di Bari altro che emarginato, l'assenza da vivo, consapevolmente e volutamente abbracciata, rievoca un monaco Zen e per questo la sua icona da morto attualizza miti ancestrali. Soli di fronte al Destino è un fatto che ci riguarda.Lui al pari di un Saniasi indiano ha preferito non accettare l'appagamento dei desideri che strappati al mondo sono appena simile all'elemosina, che oggi tiene in vita il mendico perché domani ancor soffra la fame. La sua rassegnazione somiglia invece alla proprietà ereditata, che libera per sempre il possessore da tutte le angustie.In lui la volontà appare allora libera, ma la sua condotta diviene opposta al comportamento comune.la negazione della volontà di vivere, la quale è quel che si chiama rassegnazione completa o santità, proviene sempre dal quietivo della volontà, ossia dalla cognizione dell'intimo dissidio a questa inerente, e della sua essenziale vanità, che si manifestano nei dolori d'ogni essere vivente.Alla fine l'Icona del destino era là mummificata nell'appartamento a fianco il nostro, contigua al televisore e all'impianto stereo a tutto volume. Separata soltanto da un'esile parete divisoria in tufo di venti centimetri. Stabile ed impassibile nell'osservare le nostre frenesie umane.Vito ha realizzato la sua vocazione da vivo e da morto: una cerimonia in chiesa, un loculo al cimitero? No grazie preferirei di no. Non accetto d'essere anche in questo omologato, teneteveli per voi i riti pacificatori. Io il destino ve lo butto in faccia spoglio da mediazioni consolatorie. Vito era come una telecamera che ti osserva senza giudicare, che testimoniava del reale, senza commenti, pareri ed opinioni. In fondo lui esisteva eternamente nell'assenza di vita, che si è trasformata fluidamente in morte, in eterna scomparsa. La sua puzza in decomposizione é stato l'unico contatto temporale col mondo. Il suo modo di parlare. Paradossalmente, la natura l'ha beffato, restituendogli prepotente presenza anonima in quel tanfo senza nome. Si è inabissato nella materia.In vita era impersonalmente consapevole, senza alcun senso di giustificazione, potrebbe apparire piuttosto negativo, ma non è negativo. Dopo tutto se vogliamo comprendere qualcosa dobbiamo avere un atteggiamento passivo. Non possiamo mantenere il pensiero fisso su di un problema speculando e analizzando.Dobbiamo essere abbastanza sensibili da percepirne il contenuto, come una pellicola fotografica.In questa dinamica Carella ha rifiutato le relazioni umane. Relazione non è però sinonimo d'integrazione. Un monaco solo nel deserto verosimilmente è in relazione col tutto più di un pendolare milanese nella calca del metro. Il desiderio volontario di sparire da vivi, inteso come rifiuto d'integrazione sociale, è più diffuso e desiderato di quanto appaia. "No grazie preferirei di no" si può attuare in mille modi, dall'uso di sostanze psicotrope al rinchiudersi in un monastero di clausura a sparire nel virtuale. Grazie ad Internet non si esce da casa neppure per fare la spesa: si puo' fare anche quella nella rete. E nel simulmondo c'e' tutto quello che serve, a dannatissima portata di mano: le donne (gli uomini), le informazioni, il gioco, le immagini. E Il tempo passa in fretta e senza troppa noia. E non ci sono caldo e freddo, bellezza e bruttezza, lavoro e sudore, pioggia o bel tempo. Le migliori menti della nostra societa' occidentale hanno deciso di sparire.Nauseate da quello che chiamiamo mondo reale non hanno più voglia di cercare di cambiarlo come succedeva negli anni sessanta. Semplicemente lo ignorano. Il mondo "reale" per loro non c'e' più. Idoneo alla sparizione da questo mondo anche il DMT l'ultima novità nel campo degli allucinogeni. Dicono sia pericoloso solo se hai paura di morire per lo stupore. La sostanza non sembra influire sulla mente. In altre parole, non cambi, non diventi una persona più gentile, né ti perdi nel filo di saliva che ti scende dall’angolo della bocca mentre te ne stai seduto. Tu non cambi. E’ il mondo che viene completamente sostituito istantaneamente. Virtuale e sostanze psicotrope procurano, in ogni caso, sparizioni soggettive. Ti credi sparito, ma intanto tutti ti osservano. Sparizioni volontarie oggettive, anche nella forma, si possono invece attuare ritirandosi in un convento di clausura scegliendo la povertà come opzione di libertà da cupidigie, accumuli ed egoismi. Quanto minore è la quantità di possesso e compagnia, tanto maggiore si staglia l'autenticità della personale identità.Ma anche in questa ipotesi rimarrà ancora qualche parente a casa che ti pensa e un po' d'amici che, da lontano, ti ammirano. Per di più, anche nella clausura più estrema, vivrai all'interno di regole e ambiti comunitari.L'abilità geniale ed acuta di Carella, rispetto alle prassi consuete di rarefazione volontaria passiva, appare dunque evidente. Lui se n' é andato rimanendo. Senza ingurgitare molecole psicotrope, scansando computer, eludendo voti di castità. Dissolvendosi nella sua Bari, senza nemmeno cambiare domicilio. Opera davvero intricata trasformare un appartamento barese in un palco beckettiano, com'è possibile attuare "tecnicamente" l'impresa?Per prima cosa occorre essere percepito dagli altri come soggetto del tutto integrato, "normale" che per la società odierna significa non essere causa di seccatura alcuna.Il pregiudicato, il tossico, l'omosessuale o semplicemente il malato o il povero lercio seminerebbero innumerevoli indizi, promuovendo una potenziale diffidenza, che è poi una forma d'attenzione.E' probabile che se al primo piano di Via Ravanas fosse abitato, invece di Vito, un drogato noto scippatore, nonché ricoverato un paio di volte per overdose nel vicino ospedale, ebbene, in tal caso sarebbero stati sufficienti pochi giorni, forse ore, d'assenza per scatenare tutto lo zelo civico dei condomini con conseguente arrivo fulmineo di un paio d'assordanti volanti, seguito da repentino scardinamento della porta dell'appartamento per mano di energumeni vigili del fuoco.Una volta attuato il progetto di mimetismo sociale, opera alla quale Vito a consacrato accuratamente numerosi anni di accanito impegno, occorre poi impegnarsi nella relazioni umane, quel tanto che basta per sopravvivere. Approcci rigorosamente strumentali, come parlare al fruttivendolo soltanto per acquistare mele. Contatti rapidi ma non nevrotici. Bisogna dar l'impressione che si avrebbe piacere di soffermarsi, ma che non ci si può attardare a causa d'impegni urgenti ed improcrastinabili. Opera inattuabile in ambiente rurale, agevole in quello urbano. "Spiacente ma preferirei di no, devo andare, mi sono successe alcune cose" e gentilmente si dileguava com' era venuto.Poste le colonne del mimetismo sociale e dell'evitare relazioni intime ora occorre vedersela con i bisogni primari. Carella ha avuto la strada spianata: una piccola rendita e l'appartamento avuti in eredità.Ultimo passo la burocrazia. Soluzione: annientare il superfluo. Banditi telefono, TV, conto corrente, pensione, riscaldamento centralizzato. Stringi, stringi e ti resta l'energia elettrica e l'acquedotto che paghi in contante alla posta, prelevando le banconote arrotolate dal barattolo del caffè. Rimarrebbe ancora la dichiarazione dei redditi relativa alla rendita catastale, (l'ICI probabilmente non era ancora in vigore quando Carella era in vita) una cifra irrisoria, che Vito verosimilmente non ha mai versato e la cui pratica si è evidentemente dileguata nei meandri della burocrazia barese. A quel punto si tratta solo di mettere in atto qualche piccola attenzione, evitando di sporcare i pochi gradini ed il pianerottolo in modo che la vicina pulisca senza lamentarsi. Togliendo il nome dalla propria casella postale condominiale per offrirla al vicino, tanto poi se arrivasse della corrispondenza il postino la infilerebbe sotto la porta.Tutto è compiuto. Ora puoi lasciarti crepare. Allorquando, perché cadavere, non pagherai l'energia elettrica, dopo il primo avviso d'insoluto riposto sotto la porta, arriveranno i tecnici dell'Enel, suoneranno due, forse tre, volte e poi taglieranno i fili. Eccellente; la tenue lampadina dimenticata accesa nel bagno e visibile nottetempo dalla strada non desterà mai più attenzione e sospetto alcuno. Stessa sorte per l'allacciamento idrico. Chiuderanno il rubinetto.Ed i vicini? Disinvolti penseranno, per un momento e con indifferenza, che ti sei trasferito.Poi i fetori. Siamo realisti, come almanaccare che originino da cadavere umano? Il sipario si chiude e l'unico commento adeguato rimane il silenzio.Non sappiamo se Vito abbia trascorso un'esistenza serena. E' plausibile visto che non si attardava in accanimenti, rabbie e lamenti.Troppo comodo? La quiete consapevole di Vito nulla ha che fare con un atteggiamento tranquillo e l'ignavia.Si avvicina piuttosto alla consapevolezza passiva degli eretici quietisti. Nel panorama spirituale secentesco, permeato per un verso dalla necessità di ravvivare il sentire religioso, per un altro da accese controversie intellettuali coinvolgenti i piani della morale, della dottrina e della teologia, s'inserì, con peculiarità diverse dagli altri movimenti filosofico-religiosi, il Quietismo. Sulla scia del risveglio mistico dei secoli precedenti riemerse un’antica forma di preghiera, l’orazione mentale od orazione in quiete, che divenne il valore centrale e peculiare della pratica quietista. Insegnavano il raggiungimento della perfezione cristiana al di fuori di atti esterni. Affidando a Dio incondizionatamente la propria volontà, il devoto rimaneva in attesa che la Grazia avesse operato e si fosse sostituita a qualsiasi sua iniziativa. Ora domandiamoci, per quale ragione questa rarefazione in vita ed in morte di Carella non ci lascia indifferenti?Impossibile passare indenni da quanto accaduto. La storia inaspettatamente ci coinvolge. Di fronte a quella mummia assomigliamo a quanto leggenda e storia raccontano del Che Guevara. Abbiamo nel profondo la medesima espressione smarrita degli ufficiali che lo attorniano nella scuola dove è stato ucciso, non si legge quell'aria d'indifferenza, tipica dei cacciatori di taglie che hanno abbattuto la loro preda. Quel giovane argentino, bello anche da morto, che si era addossato il dramma umano, rendeva tutti consapevoli della propria miseria e risvegliava le coscienze inaridite.Così, suo malgrado, anche per Vito. Eroe passivo che invita a guardare la nostra esistenza per quello che é. Esorta a lasciare le innumerevoli credenze con le quali ci identifichiamo e ci teniamo insieme. Gli ideali, i valori, le religioni, intrattenimenti che ostacolano la comprensione di noi stessi. Ogni credenza è espressione del bisogno di sicurezza interiore, di punti fermi di fronte all'evidente precarietà ed assurdità dell'esistenza. Fa sgomento rinnegarli. Cosa rimarrebbe se smettessimo di credere in qualcosa? Rimarrebbe quello che é. La consapevolezza d'essere vivi ma senza identificazione alcuna, neppure con noi stessi. Non più identificati con il corpo-mente, non più vulnerabili alla sofferenza e al dolore. Fuori dalla mente c'è soltanto l'Essere, non l'essere uomo o donna, padre o figlio, questo o quello.Oltre lo spazio tempo, in contatto con loro solo nel punto del qui e ora, ma altrimenti oltre il tempo, oltre lo spazio, invulnerabili da qualunque esperienza. Si potrebbe far presente che Carella poco ha a che fare con i temi dell'essere e non essere. Si potrebbe vederlo come un povero malato di quell'antica inerzia depositata nella profondità dei retaggi di specie, che Freud ha chiamato pulsione di morte (thanatos). In psicoanalisi, a partire dallo scritto di Freud, si è definita pulsione di morte la tendenza fondamentale di un essere vivente a ritornare allo stato inorganico. Si tratterebbe di una forza che tende alla riduzione completa delle tensioni e ad uno stato di quiete totale. La pulsione di morte esprime altresì la tendenza inconscia e coattiva - si ripete incessantemente sotto la spinta di una coazione (coazione a ripetere) - a conservare, a non perdere, a non modificare alcunché; opponendosi alle pulsioni di vita, essa tende a realizzare una condizione di totale fissità, un'immobilità simile a quella della materia non vivente (stato inorganico della materia). Vito può essere anche questo. Dipende da come noi guardiamo, deriva dall'angolo di visuale. Dipende da quanto abbiamo la fermezza di fissare intensamente quella mummia come pura immagine o se preferiamo cedere al procedimento argomentativo. Secondo Graves, la poesia -come noi la conosciamo- sarebbe una immagine estremamente sbiadita di antichi linguaggi che s'imponevano per la loro capacità di convincere. E questo perché non facevano ricorso alla metafora né al procedimento dimostrativo, ma si presentavano come pura immagine. Solo grazie a questo un linguaggio poetico primordiale diventiamo capaci di vedere. Ritornando con la memoria al primo ricordo, alla prima esperienza di questa nostra esistenza quanto è cambiato in noi. Un solo fondamento è rimasto immutato. Il senso di essere. In questo istante so che sono vivo come lo sapevo da adolescente e da infante. Questo "sapere" immediato e spontaneo di essere è il linguaggio poetico primordiale che ci permette con mente silente di vedere. La storia di Vito è una tela immacolata che ognuno può colorare come sceglie. E' uno specchio terso che ci riflette. Agli opposti estremi, si confrontano differenti ipotesi: Carella fu un monaco Zen oppure fu vittima della pulsione verso l'inorganico, od olocausto di una società impietosa? Che ciascuno risponda.