L'impostore
Studente che all’interrogazione spara a capocchia quello che non sa;
negoziante che afferma l’assurdo per vendere un pezzo in più;
giornalista che mente in pubblico per fedeltà alla linea editoriale;
delinquente che dichiara il falso all’interrogatorio;
politico che, in assoluta consapevolezza, dice falsità.
Che espressione della faccia assumono in questo impostarsi impostore?
Annotiamo tre versioni:
1 impacciata con voce impastocchiata;
2 neutra (faccia come il culo);
3 imperiosa con voce di tuono.
L’ultima è la versione più fragile e comica.
La presa del potere
Conclusa la dittatura fascista gli italiani, alla prima elezione, erano andati a votare col vestito buono e la faccia solenne. Alle prossime politiche i loro figli e nipoti ci andranno ancora vestiti da giorno feriale e l’espressione della faccia mugugnante per l’attuale penosa legge elettorale e le ruberie di numerosi partiti. Tuttavia voteranno ancora, giustamente consapevoli del legame esistente tra la dimensione pubblica e il destino individuale.
Perché tale fragile consapevolezza non collassi è, però, consigliabile che gli elettori rimangano alla larga dalle urgenze e dalle priorità che la cronaca partitica propone quotidianamente, provincialismi psichici spacciati per eventi universali determinanti l’esistenza del singolo. In data odierna, sulla prima pagina di Google news, sono apparsi in testa due articoli a copertura live e in febbrile aggiornamento:
1 Berlusconi: firmato un accordo politico con la Lega.
2 Elezioni: Monti fa promesse sul fisco.
Doppietta di notizie che se accettate come urgenti e importanti per il personale esistere - come Google news e la stampa nazionale suggeriscono -, portano il lettore a rassegnazione istantanea nei confronti della dimensione pubblica; sensazione di impotenza per nulla emancipata dai borbottii, un po’ religiosi e molto paternalistici, sulla coscienza civica nazionale alla quale il Capo dello Stato ha invitato gli italiani nel discorso di fine anno.
Nell’attesa del voto meglio dedicarsi sovrani alle proprie urgenze personali implementando laicamente l’esistere dal proprio pensiero, titolari politici del proprio destino e di chi ci è prossimo. Da questa posizione sovrana sarà letta e giudicata la cronaca politica nazionale inserendola nel posto che merita: subalterna al pensiero personale e al proprio lavoro quotidiano. Appare strano eppure è necessaria una sovrana indifferenza alle “ultime dichiarazioni” delle segreterie di partito per conservare lucida consapevolezza politica per poi votarli, invece più l’agenda personale è oppressa e ingolfata mediaticamente da quella altrui più ci si percepisce esautorati e ciò che si pensa, ciò che si fa, sembra non avere più presa sul reale. Tutto diventa inerte e la tentazione del disimpegno prevale. Tutto sommato questo laico stare sulle proprie gambe un po’ anarchico vale per il vivere stesso. Per non perdere lucidità sarebbe proficuo non ubriacarsi di news a copertura live che dovrebbero rimanere, per ogni soggetto pensante, al posto che meritano nella gerarchia delle importanze personali: dall'ottantesimo all'ultimo, se valgono di più diventano tiranne.
Adorazione
Teilhard de Chardin pensando all’evoluzione dell’umanità scriveva:
«E’ vicino il giorno in cui L’Umanità si accorgerà di trovarsi biologicamente
posta fra il suicidio e l’adorazione.»
Tutt’altro. L’evoluzione biologica non ha condotto a conflitto e altri dèi e suicidi si sono imposti.
La certezza dopo aver conosciuto un salariato, oggi cadavere, che aveva scelto di lavorare in un reparto dannoso alla salute a fronte di emolumento di natura indennitaria tutto speso per immenso televisore Panasonic -di quelli che fan vedere la partita dell'Inter grande, grande, grande - per euro 3.169,98 IVA inclusa.
Sacrosanto?
Van del Leeuw fu parroco cristiano calvinista esperto in fenomenologia delle religioni, un mix di studi storici e teologici. Nello scorrere i titoli dei capitoli de «La Fenomenologia della Religione» sua opera più importante, leggo:
Pietre sacre; Alberi sacri; Il mondo sacro di lassù; Potenza e volontà configurante nel nome; Il mondo sacro di ultimo piano; La rappresentanza: stregoni, sacerdoti, consacrati.
l’Autore analizzando in modo preciso e esaustivo l’oggetto e il soggetto della religione passa in rassegna nei successivi capitoli: L’anima totale; La divinazione; Lo spazio sacro; La parola di consacrazione.
Van del Leeuw si avvicina con simpatia alla sacre potenze e affronta la nozione religiosa di “mana” - potenza soprannaturale tipica delle religioni animiste - vedendola universalmente presente nel Tao cinese, nel Logos degli stoici fino al Pneuma cristiano.
Oggetto potente che brucia le mani alla misera popolazione umana rinchiusa in cantina, ma che se avvicinato ritualmente e con rispetto spara all’istante il soggetto lassù all’ultimo piano. Oggetto misterioso e grande che redime e salva l’insignificante uomo come le storie delle chiese confermano, compresa quella cattolica con le sue liturgie traboccanti di “mana” polinesiani.
Una domanda, anzi due: ma non era proprio tutto questo che Gesù di Nazareth contestava preciso? Per dirla tutta: il cristianesimo è davvero una religione?
Il caso Bell
Ci aveva già provato Nietzsche all’esperimento estetico-politico di proporre la musica di Wagner per emancipare l’umanità dall’ipnosi della razionalità. Una botta di arte, di fuoco, di tragedia, per redimere dalle decadenti letture convenzionali che interpretano il mondo. Non aveva funzionato e Nietzsche ci aveva ripensato.
Il "Washington Post" 135 anni dopo incurante dell’insuccesso di Nietzsche e dell’avvertimento di Charles Bukowski: «Secoli di poesia e siamo sempre al punto di partenza», ci aveva riprovato con Joshua Bell - uno dei più grandi violinisti del mondo - invitandolo a suonare in una stazione della metropolitana di Washington travestito da musicista di strada. I pendolari che si recavano al lavoro avrebbero riconosciuto all’istante, lì in un angolo del metrò, il Dioniso apparso per redimerli?
Bell aveva aperto con la Ciaccona di Bach, che l’esecutore giudica «una delle più grandi opere [non solo musicali ma in assoluto] compiute dalla storia dell'uomo». Dopo aver suonato per tre quarti d’ora delle mille persone transitate a distanza ravvicinata, dal presupposto Eccelso, meno di dieci avevano manifestato un qualche interesse.
Il giudizio di valore che interpreta i mille del metrò di Washington folla massificata ad eccezione dei dieci giusti che, in stile biblico, salvano la faccia agli altri novecentonovanta mi lascia perplesso. Insidioso giudicare male soggetti che ignorano Bach per arrivare in orario al lavoro. Se l’arte non si impone da sé, se fuori da liturgie autoreferenziali annichilisce, se senza propaganda collassa, se non serve a un cazzo, è problema suo.
L'Insaziabile
Francesco Belsito, Lega Nord. Luigi Lusi, Margherita. Franco Fiorito, Pdl. L'identikit dei tre coincide preciso: "Tesoriere indagato per appropriamento indebito dalle casse del proprio partito." Altra storia quella di Pierangelo Daccò condannato, in primo grado, a dieci anni di reclusione per il dissesto finanziario della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor. Secondo l'accusa avrebbe occultato all'estero fondi neri derivanti da prestazioni sovrafatturate. Daccò, a differenza dei tre tesorieri, lo troviamo impegnato ad imprendere prima di prendere, eppure è a loro accomunato non tanto dall'ipotesi di avere sottratto a terzi denaro - evento di per sé prevedibile e dozzinale - ma, se le accuse saranno confermate, dalla spropositata misura dell'appropriamento, tanto abnorme da espandersi rapida dal codice penale a ben altre sfere di indagine: sociologiche, filosofiche e finanche psicoanalitiche.
Impossessarsi disinvoltamente di cento, di mille, di centomila e anche di un milione di euro è misura compatibile e congrua al "sano" ladro edonista, se superasse tale soglia non avrebbe tempo, né dimensioni, né strumenti, né possibilità reali, per onorare la sua concezione etica che identifica il bene col piacere: quando l'ammanco è di decine di milioni di euro e il ladro non ha da costruire un ponte sul Po sono guai. Quasi impossibile che riesca a goderne personalmente appieno.
Massimo Recalcati, psicoanalista, riferendosi alle patologie alimentari - e qui è proprio di bulimia che stiamo dicendo - diagnostica estrema solitudine: «La potenza simbolica del grande Altro si è irreversibilmente fragilizzata e il nostro tempo è il tempo, come scriveva già Adorno in Minima Moralia, del godimento monadico, ovvero di una esasperazione autistica dell'individuo che esclude la dimensione transindividuale del soggetto».
Il ladro che tutti i giorni ruba molti più polli di quanti gliene possono stare nello stomaco assomiglia, dunque, a un asceta-eremita perverso; a differenza dell'edonista che incontra soddisfazione godendo in presa diretta dei beni dei quali si è impossessato, lui obbedisce ossessivo a una forza intima irrazionale, misteriosa, immensa, insaziabile. Il raggiungimento della meta gli è impossibile, invece la fatica dell'incrementare ad oltranza il patrimonio occultandolo è per lui onnipresente e tiranna, così invece di sazietà soddisfatta è devastato da fame e angoscia. Sanzionato per direttissima a pene di solitudine e povertà con sentenza promulgata da sé stesso, già esecutiva al compimento del reato. E dopo tanta sofferenza infieriscono sbattendolo in prigione. E' ingiusto.
Masochismo
Quel pomeriggio doveva potare il pesco dietro casa, poi andare tre ore dal cognato per aiutarlo a tinteggiare il soggiorno ricompensato con 50 euro. Doveva anche leggere un libro di Bauman, lì mai aperto sul comodino da tre mesi, invece è andato in piazza e si è messo addosso un cartello con scritto sopra:
“ESODATO”
lì ha trasformato il personale desiderio di liberazione in repressione reale.
Analogia, che carogna
Il processo analogico in teologia permette ampia discrezionalità di interpretazione e giudizio, se un termometro a mercurio dalla fisica passasse alla teologia potrebbe venire interpretato diverso ma nel contempo anche uguale (rappresentante, vicario, un po’ della stessa sostanza) alla temperatura con la quale è in relazione. In questo “un po’ uguale anche se un po’ diverso, assolutamente uguale anche se assolutamente differente”, si esprime la lingua biforcuta del processo analogico teologico.
Diceva un filosofo arabo che l’analogia «è come una carogna: quando non vi è nient’altro, la si deve mangiare». Non si riferiva a bilance, orologi e termometri analogici che misurano i corrispettivi enti di peso, tempo e temperatura infischiandosene di rappresentarli. Non considerava neppure l’utilizzo del procedimento analogico nel diritto e nella filosofia, metafisica compresa. E’ la teologia, o meglio una certa teologia, che aveva in mente. E’ proprio nel tentativo di rapportare Dio all’uomo, e viceversa, che l’analogia può diventare carogna, con conseguenze peggiori da quelle derivanti dal linguaggio politichese capace d’inventarsi “convergenze parallele” e simili paradossi che pretendono dire qualsiasi cosa, su qualsiasi cosa, senza mai dire niente.
E’ una lunga storia quella dell’analogia in teologia. Non era iniziata male. Nel secolo XI, all'inizio della scolastica, il Dio trascendente era percepito inesprimibile, ineffabile. S. Tommaso preoccupato da tanta lontananza costruì ponti, cogliendo tra causa (Iddio creatore) ed effetto (l’uomo) un preciso nesso di somiglianza. Il Creatore pur trascendendo il creato si rispecchiava così nel suo prodotto e la creatura era, finalmente, autorizzata a dire la sua sul, e del, Creatore. Mica di Lui poteva dire proprio tutto, senza deragliare doveva percorrere due vie precise: affermare come attributi di Dio le cose buone e perfette che la creatura scorgeva in sé; e/o negare al Creatore ogni imperfezione e malvagità che si fosse ritrovata dentro, giudicandola - nel caso - solo e sempre suo personalissimo prodotto. Somiglianza, dunque, tra Creatore e creatura non univoca ma approssimativa, quindi analogica.
Nella storia della Chiesa l’ambiguità del procedimento analogico ha raggiunto l’acme quando adottato a sostegno e giustificazione del Magistero ecclesiale cattolico come espressione della presenza di Dio nella storia al quale di deve obbedienza assoluta.
Come giustificare il nesso Dio-Magistero?
Il Papà è Dio? Non esageriamo. Detta così sarebbe un antropomorfismo del sommo Ente comica per la stessa teologia;
il Papa non è Dio? Roba da agnostici e miscredenti,
ma la dottrina cristiana dell'analogia riesce a sistemare per bene la faccenda. Il Papa e con lui ogni autorità ecclesiastica, diventano per i subalterni figure non univoche, ma neppure equivoche con l’ineffabile Altissimo. Marassi palustri, forse salamandre, anfibi terro-celesti con una zampa nella finitudine e l’altra nell’eterno, che consentono al Creatore atemporale e ineffabile di manifestarsi nel mondo e parlare alla storia, connettendosi ai mortali attraverso i su esposti intermediari.
Che fatica per il Magistero e ogni autorità della Chiesa cattolica. Potrebbero anche fare a meno dei miracoli dell’analogia proponendosi per gli uomini che sono, come faceva quello là di Nazareth. Perché complicarsi l’esistenza? Meglio uomo che anfibio.