Metafisica demografica
Se un figlio si accorgesse che per caso è nato fra migliaia di occasioni, capirebbe tutti i sogni che la vita dà con gioia ne vivrebbe tutte quante le illusioni. (Energia, Franco Battiato, 1972)
Siamo in troppi. Un efficace contributo personale per far fronte alle limitate risorse del pianeta potrebbe essere quello di cedere cortesemente il posto, strategia efficace ma poco efficiente considerando le prevedibili e diffuse resistenze nel metterla in pratica. Più percorribile limitare le nascite visto che il non nato, essendo nessuno, non opporrà resistenza, e pur nell’ipotesi che nell’iperspazio cosmico, o nell’essenza dei progenitori, oppure in una qualche banca del seme, il non nato sia potenzialmente qualcuno, non potrà comunque opporsi. Ipotesi che lascia il tempo che trova visto che alla fine è Eros che comanda e la vita si autoperpetua.
Ci sarebbe piuttosto da chiedersi come e in che momento da nessuno diventiamo qualcuno, come il coniglio che compare dal cappello del prestigiatore. Per il riduzionismo meccanicistico l’essere qualcuno e l’essere nessuno è legato alla nascita e alla morte del corpo, mentre in alcuni approcci psicologici è l’Altro che ci fa qualcuno; nella credenza della metempsicosi indipendentemente dal corpo siamo sempiternamente qualcuno, viceversa in alcune concezioni orientali, corpo o non corpo, siamo in ogni caso nessuno. Le differenti ipotesi sono numerose e divergenti e la problematica permane aperta.
Tornando ai primissimi ricordi qual è stato il momento preciso che da nessuno siamo diventati qualcuno? Si potrebbe ipotizzare che siamo da sempre qualcuno e nessuno, l’alternarsi dello stato di veglia e di sonno profondo che ci caratterizzano ne sono forse un indizio.
Contorsionismi empirici
Dicono che l’occhio non può vedersi, in effetti ho guardato da tutte le parti e non l’ho visto. Dicono invece che il pensiero può pensarsi, ho fatto un bel po’ di prove ma manco na volta che sia riuscito in presa diretta a pensare il mio pensare, ho sì prodotto in sequenza pensieri successivi che pensano pensieri precedenti (elaborazione), ma mai un pensiero che pensa all’istante se stesso (alla lettera: riflessione), anzi più un pensiero prova nel contempo a pensarsi più si paralizza e scompare, provare per credere.
Come saremmo ridotti senza l’Altro? Non è escluso che potremmo sparire.
Anche
Buddha e Schopenhauer ci avevano tempestivamente allertati: "L'esistenza è sofferenza" ed eccoci qua in coda col piscio in mano come previsto, anche se vorremmo stare da tutt’altra parte, cinquantadue ombrelli aperti nella nebbia perché nella sala d'aspetto del laboratorio di analisi si entra uno alla volta, è scritto col pennarello su un foglio A4 appiccicato alla porta.
Forse è più giusto affermare che l’esistenza è anche sofferenza, visto che non è sempre e solo sofferenza. Ma non nel senso che piacere e dolore si alternano binariamente e temporalmente, l’uno o l’altro, prima uno e poi l’altro, separati da una linea di confine spazio temporale con di qua il piacere e di là la sofferenza, ma “anche” nel senso che piacere e sofferenza sono prodotti, presentemente, dalla stessa radice e si diramano da un unico ceppo. Radice che non sta nelle cose ma in noi, un occhio spietato può intravvederla.
La divisa
Rifiuta qualsiasi divieto e ogni obbligo; urla a capocchia come cazzo ti viene; non ambire a piacere anzi sei fai schifo è meglio. Questi i primi tre comandamenti artistici della controcultura Punk.
Sotto certi aspetti non c’è malaccio, se non si fosse obbligati a indossare indumenti e accessori più codificati della divisa dei Carabinieri si poteva anche provare.
Primo comandamento esserci?
“Ti sei mai chiesto quale funzione hai?” (Pollution, Franco Battiato, 1972)
Amiamo, vogliamo, riflettiamo, queste sono le (migliori) funzioni che normalmente esplichiamo, ma mentre ero nella saletta d’attesa del laboratorio di analisi, nell’osservare le figlia che accompagnava il decrepito vegliardo genitore a misurargli sangue e urina col desiderio irriducibile che papà durasse ancora, anzi che durasse per sempre, ho constatato che la funzione primaria che esplichiamo è quella di voler esserci e far essere ancora chi amiamo a prescindere, anche se derelitto o davvero sofferente.
Esserci per cosa? Per curarci gli acciacchi così da esserci ancora per curarci gli acciacchi? “Elemosina gettata al mendico che gli permette di vivere oggi per prolungare il suo dolore l'indomani” come annotava Schopenhauer. Per certi versi l’ossessiva dinamica evoca un girone infernale ideato da un demiurgo sadico, ma in effetti in nostro desiderio irriducibile è perlopiù quella di esserci senza mollare l’osso, imperativo culturale di essere qualcuno invece di nessuno, di essere proprio noi invece che altro, ossessione squisitamente umana estranea alla natura.
La difficile arte di vivere consiste forse nel percorrere l’esistenza con una personalità che ama, vuole e riflette con tutta se stessa, ma al fondo impersonale, libera da se stessa. I nomi per indicarla non mancano: Tao, Zen, Brahman, ápeiron, Essere, Logos, l'Uno, Noumeno, Physis, anche i gatti ne sono un buon esempio.
Riduzionismi rurali
E l’inspiegabile fascino dell’Acanto che spunta tra le pietre bagnate è subito scomparso non appena ho tentato di spiegarlo.
Rivelazioni
Non è detto che cane e padrone si assomiglino sempre, ma di sicuro più Dio viene definito con precisione più è probabile che sia il prodotto di uno specifico io che lo concettualizza a sua immagine e somiglianza, così per conoscere quell’io andrà indagata la versione del Dio che produce, rivela, riflette.
La via orientale
Certa è la morte anche se la rimuoviamo e la possibilità di una improvvisa disgrazia incombe sempre, nonostante ogni nostra accortezza per evitarla.
Per liberarci dall’angoscia esistenziale, oltre alla drastica alternativa fra suicidio e fede ricorrendo a “Colui al quale tutto è possibile” (Kierkegaard), si potrebbe optare per la terza via di dare un po' meno importanza alla nostra persona, imparando a vivere facendo a meno di noi stessi, visto che l’angoscia esistenziale è direttamente proporzionale all’importanza che attribuiamo al nostro io.
Funzionamento affidabile
Il fatto che tutti noi siamo senza esserci fatti è prova che siamo prodotti da un funzionamento capace e performante, comunque affidabile naturale o divino che sia.
Anime
Non so se nei corpi ci sia dentro un’anima, ma la potenza e il movimento che certi corpi fermi e zitti talvolta manifestano ne è forse prova.