Siccome numerosi italiani avvertono l’urgenza d’avere un Creatore la Chiesa cattolica risponde loro offrendo un’istituzione che lo manifesti e rappresenti. Istituzione divina e nel contempo umana, un anfibio con una zampa nell'eterno e l'altra nella finitudine che consentirebbe al Creatore nascosto, eterno ed infinito, di manifestarsi nel mondo e nella storia. Per una minoranza dei cattolici italiani il rapporto con l’Istituzione è concreto e preciso. Altri fedeli vivono invece l’istituzione in modo vago, guardano il Papa al telegiornale delle 13 e un paio di volte nella vita si recano in piazza San Pietro per battergli le mani sotto la finestra, in una modalità di relazione con l’istituzione che non determina significativi cambiamenti nel loro vivere. La maggioranza dei fedeli cattolici crede invece in una divinità non ben definita, così indifferenti all’istituzione ecclesiastica si limitano ad appendere la corona del rosario sullo specchietto retrovisore dell’autovettura perché forse porta bene, chiamano il prete in fin di vita perché non si sa mai, e mentre raschiano il biglietto del gratta e vinci implorano un po’ di fortuna a qualche santo del paradiso. Massa di fedeli che le autorità ecclesiastiche accettano di buon grado così l’Eurispes può sentenziare che gli italiani sono quasi tutti cattolici. Oltre ai tiepidi incontriamo le posizioni decise di chi seguendo personalmente Cristo e il suo Vangelo accusa l’istituzione cattolica di tradirne il messaggio, in tal caso l’istituzione se la prende a male e sanziona. Il rapporto dei cattolici con l’istituzione ecclesiastica è dunque complesso e in mutazione, dato certo la tendenza dei fedeli di vivere la fede svincolata dall’istituzione Chiesa, ma c’è una singolare eccezione: cittadini che indifferenti alla fede in Dio e al messaggio di Cristo professano, indifferenti alla logica e al buon senso, fede assoluta nell’istituzione della Chiesa cattolica romana. Si chiamano “Teocon” e sono conservatori, raramente credenti il più delle volte atei, convinti che la libertà e il progresso dell’Occidente siano realizzabili nella tradizione dei valori cristiani. Oriana Fallaci si dichiarava "atea e cristiana", pur non credendo in Dio, vedeva nel cristianesimo un riferimento etico culturale e Giuliano Ferrara affermava: "Io non ho una fede personale, non ho questo dono, questa grazia soprannaturale e non ho una confessione praticata e osservante. Io non sto dentro l'ortodossia della Chiesa cattolica, perché pur essendo stato battezzato io non ho la fede. E pur essendo culturalmente cattolico, non sono parte della Chiesa, del popolo di Dio. Ma la mia è una posizione teista. [...] Io ho una posizione che praticamente è quella richiamata da Ratzinger parafrasando Ugo Grozio: quella di vivere come se Dio esistesse." Da qui il “cristianismo”, un paradossale cristianesimo senza Cristo, fondamentalista, ideologico, monotematico, razzista, xenofobo nella sua islamofobia, così rozzo da interpretare l’Islam come un monoblocco demoniaco invece che un miliardo e mezzo di persone evidentemente molto diverse tra di loro, variegate, al pari dei cristiani, nell’approccio alla religione. Così il cristianismo profetizza in nome di Cristo scontri apocalittici di civiltà e ostenta ossessivamente le radice cristiane europee, scordando che Gesù Cristo era un mediorientale che insegnava innanzitutto l’accoglienza del diverso. Dalle gerarchie istituzionali cattoliche nessuna diffidenza con l’ideologia cristianista, ma consonanza e appoggio.