Da giovane accudivo una capra. Per sperimentare che tipo di relazione potesse avere con i felini, avevo buttato dentro al suo recinto una gatta incinta e la capra l’aveva incornata. La gatta sanguinava dal collo, avevo procurato una inutile sofferenza, ma la vittima non mi portava rancore e questo aumentava il senso di colpa. Trascorsa qualche ora la ferita si era cicatrizzata e la gatta si comportava come se nulla fosse accaduto, la capra pure. Quanti episodi in una esistenza che nessuno saprà e ricorderà. Milioni di cadaveri nei cimiteri italiani, milioni di esistenze, miliardi di episodi sepolti con loro e a capre e gatti va bene così. Chi non mi concede d’essere come loro e perché? Io chi sono?