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Mi scrive Orlando Franceschelli:
« Caro Bruno,
grazie allo stimolo delle tue riflessioni -di cui sai che sono attento lettore- ho riletto le pagine a cui fai riferimento mentre nella memoria riaffiorava nitidamente il nostro primissimo colloquio, appena dopo la presentazione di Augusto [Cavadi], centrato appunto sulla saggezza del non precipitare in qualche (presunto) Nulla!
Simili ricordi e simili comunanze di sentire sono il dono più bello della -almeno per me- spesso solitaria pratica filosofica.
Permettimi soltanto di aggiungerti, come talvolta si usava nelle antiche epistole filosofiche, il dono di un pensiero: "L'identità di sentire genera l'amicizia" (Democrito fr. 186).
Personalmente specificherei: l'identità di sentire e l'amicizia che essa genera vivono già nel condividere un'autentica ricerca e testimonianza filosofica. »