Segnala il commento come inappropriato
“ Mi hanno scritto sollecitandomi a delineare aspetti positivi della mia esperienza con Giussani (invito i lettori a dialogare nella piazza del blog). Rispondo con un flash autobiografico, scritto anni fa, che riconfermo:
«A volte incontravo a tu per tu il Vecchio. Gli facevo da autista per accompagnarlo all’aeroporto. In missione per conto di dio guidavo sportivo e veloce come a lui piaceva. Oltre a allietarlo infrangendo il codice stradale, proferivo bizzarri racconti e battute argute che sembrava apprezzare. Lui in cambio mi parlava della memoria di dio ed io folgorato dal fascino delle parole e dal tono cavernoso della sua voce entravo in uno stato di coscienza alterata e mentre sgommavo di brutto le case grigie della città pulsavano di vita. Tornando dall’aeroporto l’effetto euforizzante già regrediva e il mio rapporto personale con il sommo capo finiva lì. Nulla di personale potevo riferirgli, tutto era già stato detto, definito, deciso e accettato e dentro quella condivisione stereotipata un certo numero di possibilità di azione erano assolutamente escluse. Ero accettato e ascoltato unicamente se rimanevo assolutamente incollato alle convenzioni e alla sensibilità di chi aveva deciso le regole e così mi preparavo al meglio per conformarmi, poi sparavo la domanda giusta, quella che fa centro. La domanda all’altezza. La domanda adeguata. La domanda perfetta: quella che contiene la risposta conforme.» ”