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A seguito di mio invito a leggere la recensione a persona appartenente a CL, che pur non conoscendo personalmente ho avuto occasione, nel leggere suoi articoli, di apprezzarne il pensiero, mi è giunta risposta.
Approvando l’intenzione del mio articolo in quanto occasione di proficua discussione, mi esprime radicali perplessità sul metodo dove scorge pregiudizio negativo e disonestà derivante da personale ideologica omologata apostasia:

«Il problema è che Giussani era molto, molto, molto meno stupido di come lei è costretto dipingerlo per sostenere le sue ragioni […] La invito soltanto a costringere sé stesso a un senso tragico che nel suo articolo non affiora e di cui Giussani ha bisogno per essere compreso».

Considero: che strano, a modo mio, negli ultimi decenni, non ho fatto altro che affrontare il tragico. Certo nel farlo mi piace attardarmi nell’enucleare il tragicomico insito nell’equivocare consolazione a verità e poi, negli ultimi anni, il dramma si è stemperato da quando ho iniziato a dare un calcio nel didietro a presupposte entità che lo sostengono. Ammessa e non concessa la tragicità di Giussani, in quanto
«Ogni tragicità è fondata su un conflitto inconciliabile. Se interviene o diventa possibile una conciliazione, il tragico scompare» Goethe.
Osservo che nella biografia il senso del tragico scompare fagocitato dall’esaltazione derivante dalla teoria di un conciliatorio e risolutivo intervento divino.
Eppure il lettore ha ragione, nella recensione la lacuna c’è in quanto non traspare un’ottica tragica, quindi l’articolo può apparire ideologicamente pregiudiziale. Avrei dovuto dire di Giussani riscrivendo daccapo la condizione umana e da lì impregnare tutto lo scritto. Forse un po’ eccessivo per recensire una biografia. Tutto sommato ragionevole che sia stata implementata una classificazione dei generi letterari: mica si può dire sempre tutto. Ci sono differenti e circoscritte cose da dire e differenti modi e contesti per farlo.
Va in ogni caso annotato che il tragico è mica attributo valoroso e sano ma territorio di esistenzialismi nichilistici e connesse esaltate psicosi reattive. Il vocabolario Treccani specifica:
tràgico agg. e s. m. [dal lat. tragĭcus, e questo dal gr. τραγικός] (pl. m. -ci). –
[…] 2. agg., estens. e fig. Che ha gli aspetti e gli elementi proprî della tragedia, che è caratterizzato da fatti luttuosi, da eventi tristi, da gravi disgrazie e conseguenze, anche con riferimento a casi della vita comune: è morto in circostanze t.; una disattenzione che poteva avere conseguenze t.; una t. notte; nell’uso giornalistico: una t. sparatoria, una t. catena di omicidî.
[…] b. (f. -a) Interprete che recita normalmente in ruoli di personaggi di tragedie: è un t., e le parti comiche non gli si addicono. Più com. in senso fig., nell’espressione fare il t. o la tragica, assumere atteggiamenti da tragedia, dare a una situazione un’importanza sproporzionata alla sua effettiva gravità.
c. Con valore neutro, la tragicità, l’essenza della tragedia, il complesso di sentimenti da essa suscitati: la concezione aristotelica del tragico. Con uso estens. e fig., circostanza, situazione tragica, di eccezionale gravità e tristezza: il t. è che è sola, e nessuno la aiuta; prendere qualcosa sul t., esagerarne la gravità, considerarla come una tragedia.
Avv. tragicaménte, secondo lo stile tragico, l’arte tragica: un argomento che può essere sviluppato tragicamente. Più spesso in senso estens. e fig., in modo tragico, doloroso, luttuoso: la rissa è finita tragicamente; è morto tragicamente, in circostanze tragiche, di morte violenta, o per grave incidente, o per suicidio.