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Caro Peter, il mio interesse per l’argomento è motivato da esperienza personale, nello scrivere la mia autobiografia ho preso consapevolezza di aver trascorso gran parte della mia esistenza senza mai riferirmi a me e all’Uomo. La “verità” erano per me solo idee assolute, “alte”: in una prima parte dell’esistenza Dio, poi il Nulla. L’idea di Dio che mi procurava stupore e poi l’idea del “Nulla” che mi dava angoscia. In entrambi i casi immobile. Di pietra. Nulla che angoscia, Dio che stupisce, oggi li percepisco gemelli e gli dico: intrattenetevi ancora nella vostra partita, io non gioco più, devo andare per dire “la mia” pacatamente orgoglioso di quello che sono. Partita a tre: Dio, il Nulla e, finalmente, Io. Il disagio che mi ha procurato lo stralcio del manuale di filosofia è dunque personale, un Auschwitz interiore dal quale sono uscito, che nel post ho universalizzato. Quanto Platone c’entra? Dopo le annotazioni di Augusto Cavadi avverto l’esigenza di approfondirlo prima di rispondere.