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rispondo a Marco
Caro Marco, ti ringrazio per aver letto con vicinanza (lo struggimento ne è la prova) il memoriale e ancor di più per l’iniziativa dell’intervenire pubblicamente seppur anonimamente. Perché ho scritto un memoriale? Perché lo desidero condividere? Quando ho scritto: “Andato via una mattina. A freddo. Rapido. Senza preavviso. Dopo una notte un po’ insonne dove, tirando onestamente le somme, ho concluso che la Chiesa e forse anche Dio erano una invenzione umana, una cattiva idea” non era una considerazione da intellettuale illuminista ma esperienza umana devastante, mal lenita dal seguire filosofie orientali, come ho fatto negli anni seguenti all’uscita dal gruppo. L’ho ammesso a me stesso dopo trent’anni e oggi sento l’urgenza, non so come, non so dove, di ritrovare un abbraccio che risponda a questo esistere e interventi come il tuo possono aprire un confronto per me utile. E’ assolutamente chiaro e condivisibile quanto scrivi riguardo differenti livelli e modalità nel vivere l’esperienza di fede e di obbedienza all’interno di un movimento ecclesiale. Arguto quando accenni al “retrogusto narcisita”, che giustamente necessita da parte mia rapida emancipazione.
Il dito nell’occhio oggi fa sorridere, a denti stretti ma fa ridere, ma per la soggettività di quel ragazzo di diciotto anni non era così, per questo chi è autorità, a qualsiasi livello, in ambienti dove si vive una dedizione totale a dio, presiede un compito delicatissimo, con responsabilità enormi.
Mi fa piacere che la tua esperienza nella chiesa abbia coinciso con la tua crescita umana e serenità personale. Se osservi senza pregiudizi vedrai che talvolta non è così. Vedrai, se osservi bene, la sofferenza procurata dalla dipendenza ontologica di uomini da altri uomini. Le vittime non possono ammettere neppure a loro stesse di star male, ma è facile identificarle per l’occhio spento, la mancanza di spontaneità e le malattie fisiche. Dai una occhiata in giro, qualcuno lo identificherai. Se puoi aiutalo.
Ti abbraccio
Bruno