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Caro Bruno,
ho letto il tuo racconto, che ho trovato molto ben scritto.
Sono cattolico e il tema che tu poni, cioè quello della libertà e dell'indottrinamento è uno di quelli fondamenali. Si è veramente liberi facendo ciò che si vuole o facendo quello che dice un altro? E' solo l'esperienza che può dirci qual'è la risposta giusta. Si è più liberi quando si è più felici. Tu hai trovato ad un certo punto insopportabile obbedire ad un altro e giustamente te ne sei andato. Ma se avessi seguito qualcuno da qualche parte che ti avesse insegnato ad essere più te stesso avresti fatto bene a rimanere. Questo credo abbia chiesto e offerto Gesù ai suoi discepoli e poi a tutti quelli che hanno incotrato Lui nella Chiesa.
Il tuo racconto nel finale l'ho percepito molto malinconico e vorrei chiederti che spiegazione ti dai del fatto che tu non abbia trovato quella felicità che hai cercato nelle diverse esperienze che hai fatto. Che non è possibile trovarla o che sei stato "sfortunato"?
Dal tono del tuo racconto e anche dei tuoi commenti mi sembra anche (e magari mi sbaglio) che emerga, oltre alla preponderante rabbia per quella esperienza negativa, anche un specie di amrezza, forse di nostalgia per una promessa non mantenuta. Come se quelle domande che quel Vecchio prete ti aveva suscitato tu non sia riuscito più a togliertele di dosso e però non abbiano trovato risposta adeguata. Anche perchè non posso credere che un ragazzo di 18 anni negli anni 70 in pieno boom 68ino e quindi di libertà di pensiero e sessuale abbia fatto una scelta così controcorrente senza delle ragioni adgeuate e forti.
Con molto affetto